Cronaca

Rsa, caro energia e rette, Arlea:
"Enti socio sanitari allo stremo"

“Bisogna profondere ogni sforzo per evitare che vi sia, in assenza di interventi di livello centrale e regionale di supporto, un rialzo della quota di compartecipazione alla spesa da parte delle famiglie già di loro provate dai rincari non solo delle utenze ma dei beni di consumo in generale. Il potere di acquisto delle famiglie si è ridotto e l’impossibilità di accedere a servizi residenziali e semi residenziali di supporto all’azione di accudimento comporterà una riduzione di richiesta degli stessi, una rivisitazione dei ruoli di cura, un maggiore accesso a forme di ammortizzazione sociale e di utilizzo delle forme di sostegno da parte degli istituti previdenziali”. A dirlo il presidente pro tempore di Arlea Valter Montini in una nota in cui affronta tutte le criticità del mondo delle organizzazioni che garantiscono sul territorio la presa in carico delle persone fragili, compromesse dal punto di vista clinico, supportando le famiglie nel difficile compito di cura e di accudimento.

“La riduzione di richiesta di servizi – spiega Montini – si tradurrà inoltre in minore occupazione nel settore e in una regressione culturale rispetto al ruolo femminile da sempre chiamato – non per vocazione – al ruolo di accudimento. Il tutto si traduce, nella migliore delle ipotesi, in un maggior costo pari a minimo 8-9 euro die per ogni posto letto. Il recupero delle perdite accumulate dall’inizio dell’anno comporterebbe un incremento della quota giornaliera variabile dai 10 ai 20 euro die che le famiglie non possono supportare e sopportare”.

Questo si va ad inserire in un contesto già segnato dalla pandemia: “La conseguenza dello stress dettato dal periodo pandemico e post pandemico è un innalzamento dell’indice di assenza per malattia: questo nonostante le azioni di contrasto al minor benessere psico fisico attuate in vario modo dagli enti gestori”.

L’impossibilità “di addivenire ad un contratto di settore – auspicabile anche per il governo della spesa socio sanitaria – accelera una competitività tra enti basata esclusivamente sul costo del personale che rappresenta per gli enti erogatori di servizio oltre il 65% della spesa complessiva. Per gli enti di grandi dimensioni, con oltre 200 posti letto, il costo del lavoro è superiore al 67%”.

I dati sull’occupazione del settore “evidenziano che, ad esempio, per ogni posto letto di RSA sono occupati 0,65 professionisti socio sanitari e 0,35 figure professionali accessorie (ristorazione, pulizie, lavanderia, amministrazione) a cui si somma l’indotto per manutenzioni di immobili, impianti e attrezzature. Alla richiesta di maggiori adempimenti non è stato di contro mai riconosciuto il corrispettivo a copertura dei maggiori oneri prodotti”. In altri termini, per Arlea, “si sta configurando lo scenario di una involuzione del sistema di protezione sociale nei confronti delle famiglie e del genere femminile e comunque un aggravio di costi generali a carico della spesa pubblica”.

“Gli enti No profit – conclude la nota – hanno saputo nel tempo, a volte con storie centenarie, accompagnare il servizio socio sanitario territoriale affiancandolo anche attraverso politiche di contenimento dei costi grazie molto spesso a campagne di sensibilizzazione che hanno saputo smuovere diverse forme di solidarietà orizzontale. Tutto questo oggi non è più possibile. Ciò oggi non è più possibile e ci chiediamo se la scelta di chi governa la sanità sia effettivamente quella di imporre un sistema di sanità commerciale e, soprattutto, se i cittadini che nel futuro dovranno avvicinarsi ai servizi sono stati preparati a questo”.

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