Spettacolo

"La Gioconda" debutta al
Ponchielli il 4 novembre

Il Teatro Ponchielli rende omaggio al compositore a cui è intitolato il Teatro cittadino, Amilcare Ponchielli, proponendo, il 4 e 6 novembre, un titolo assente dal palcoscenico del Ponchielli dal 1996, La Gioconda. Un evento speciale, per un dramma tratto da un testo di Victor Hugo e su libretto di Arrigo Boito, dove una Venezia cupa e misteriosa fa da sfondo a passioni, tradimenti e delitti. Un affresco storico d’impronta scapigliata, che richiede un cast vocale importante. La direzione è affidata a Francesco Ommassini, già conosciuto per il successo de La scala di seta del 2015, mentre regia, scene e costumi portano la raffinata firma di Filippo Tonon.

Quando La Gioconda andò in scena al Teatro alla Scala l’8 aprile 1876, l’Italia aveva cominciato a sentire le influenze di un movimento letterario che si ispirava in maniera molto evidente al Naturalismo francese: il Verismo, che mirava a dare una rappresentazione oggettiva della realtà sociale ed umana, evidenziandone le caratteristiche più umili, più contrastanti e, a volte, anche più sgradevoli.

Ascoltando la musica che Ponchielli compone per il testo di Boito, non posso scindere l’emozione dei personaggi dall’epoca in cui la voce degli stessi è stata creata e composta. Questa è la motivazione principale per la quale nella produzione de La Gioconda che presento la vicenda è rappresentata proprio nel 1876.
Non ritengo La Gioconda un’opera politica, il ruolo del Doge o del Consiglio dei Dieci fanno da sfondo ad una storia più personale fatta di amore, di male fine a sé stesso, di desiderio di negatività, di solitudine, di parole forti come “corpo”, “ribrezzo”, “Suicidio!…” che si legano fortemente al periodo della scapigliatura al quale il librettista Arrigo Boito ha preso parte fino a poco tempo prima di scrivere il libretto e che ha anticipato il verismo e il decadentismo.

Anche dal punto di vista musicale, in quest’opera, ritroviamo delle caratteristiche tipiche del periodo verista: una su tutte la ripresa dell’orchestra con un fortissimo (sottolineato da fff) che riprende il tema melodico che il tenore canta nell’ultimo concertato del III° atto, una modalità di scrittura musicale che si rivedrà nelle opere di Mascagni e di Puccini, allievi di Ponchielli, come di Leoncavallo e Giordano. Un altro eclatante esempio che mi permette di considerare La Gioconda come prima opera verista lo è il finale stesso dove, in didascalia, troviamo scritto “con un grido soffocato di rabbia…”  inerente all’ultimo intervento di Barnaba. L’ambientazione rimane Venezia, ed è riconoscibile, ma è una Venezia decadente, rappresentativa di un potere malato, sospettoso, fatto di spie, detenuto da un’aristocrazia che opprime il popolo e che sceglie le sue vittime.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...