Cronaca

Manin, il vescovo risponde alle
domande "scomode" degli studenti

Foto Sessa

Molti gli argomenti caldi che il vescovo, monsignor Antonio Napolioni, ha discusso nella mattinata di martedì con gli studenti delle classi terze e quarte del liceo classico Manin, con cui ha voluto confrontarsi in un dialogo bilaterale e aperto.

Molte le questioni poste dai ragazzi, alcune anche scomode, che hanno toccato temi come divorzio, tradimento e questione Lgbt, ma anche la dicotomia tra bene e male, o il ruolo della donna nella chiesa cattolica. Domande a cui il presule ha risposto con calma e chiarezza, senza tirarsi indietro.

Gli studenti sono partiti con un argomento “tranquillo”, chiedendo a monsignor Napolioni com’è essere il capo della Curia. Una struttura, ha detto, che conta 222 parrocchie e 280 sacerdoti. “Alla vostra età non sognavo certo di essere a capo di una curia. Non andavo neppure a messa. Poi, a 20 anni, il Signore mi ha ripreso per i capelli”. Ma lo spirito, per lui che arriva dal mondo Scout, è sempre stato quello del servizio. “E negli Scout, un capo è proprio quello che vive l’avventura come un servizio” ha sottolineato. “Lo stile fondamentale è quello della relazione con gli altri”.

Rotto il ghiaccio, non sono mancate le domande scomode, come quale sia l’opinione della Chiesa sulla comunità Lgbt+. Questione che non ha scomposto il ministro di Dio, il quale ha dimostrato apertura, dicendo che “È un tema su cui stiamo lavorando e su cui oggi abbiamo meno paura di confrontarci”, perché di fatto il confronto “non è con un tema, ma con delle persone. Serve una riflessione calma e approfondita”. Per il vescovo “non si tratta di dire “sì” o “no”, ma di comprendere cosa sta accadendo nella nostra vita, e quali sono le componenti della persona umana. Per tanto tempo si è seguita una antropologia dualista: l’uomo fatto di anima e corpo; ma la Bibbia ci rivela che ci sono 3 componenti, in quanto oltre al corpo esistono un’anima psichica e una spirituale”.

La riflessione è passata quindi dal concetto di coppia, che “è centrale nella rivelazione biblica. Per troppo tempo la Chiesa ha considerato come eccelsa la via del sacerdozio e della consacrazione, mentre quella della coppia era stata relegata quasi a “una scelta di serie B”. E questo è un grande errore”. Con queste premesse, monsignor Napolioni ha evidenziato come “la tendenza a sentirsi attratti da persone dello stesso sesso vada studiata. E bisogna trovare un modo per accompagnare nella verità quella che appare come una scelta soggettiva. Oggi il cosiddetto “gender fluid” propone la possibilità di ricostruirsi completamente l’identità” ha sottolineato ancora il presule. “Ma dobbiamo chiederci: questo ci rende più forti o più vulnerabili? Sono domande che dobbiamo porci. Siamo in una società pluralista, in cui non si è più obbligati a essere cristiani. Ma chi sceglie di esserlo deve nutrirsene. Altrimenti la domanda sul perché della fede resta senza risposta. Dunque ben venga interrogarsi su questi temi”.

Gli studenti hanno poi voluto affrontare il tema del divorzio e le motivazioni della contrarietà della chiesa. “Perché ama la famiglia e difende i figli” è stata la prima risposta del vescovo Antonio, che però ha voluto sottolineare come in caso di “certe fedeltà costrette e subite, frutto di violenza e sopraffazione, asimmetriche” anche la necessità di separarsi è accettata dalla Chiesa come male minore. Diverso quando si tratta di una scelta per motivi più futili. “L’amore non è un sentimento ma una decisione” ha evidenziato. “Se questa non sostiene il sentimento, l’amore è una favoletta che finisce. Oggi i matrimoni sono in calo, ma coloro che scelgono questo sacramento sono più convinti e forse le unioni saranno più durature”.

Secondo il vescovo, in questi anni “la Chiesa ha fatto passi da gigante grazie all’ascolto delle coppie. Ci si è resi conto che un certo linguaggio andava superato. E oggi anche chi sceglie di risposarsi non viene più emarginato come accadeva un tempo. Ho dato mandato ai sacerdoti della diocesi di ascoltare le storie di ciascuno, senza catalogare a priori, per accompagnare ciascuno nel suo percorso. Questo non significa sdoganare ciò che è comunque una ferita nella vita di coppia ma far crescere tutto il bene che c’è in ogni vicenda umana”.

In questo contesto, monsignor Napolioni ha citato anche il contestato coccodrillo di Cattelan, in Battistero: “Non sono stato io ad avere l’idea, ma entrando e vedendolo mi è piaciuto tantissimo. Cattelan lo ha lasciato lì, come sospeso tra cielo e terra. Per me rappresenta tutta l’ambiguità della creazione. Essere sospesi tra un destino di caduta, e Cristo che ci raccoglie e ci eleva. Davanti a ogni netta distinzione tra sacro e profano, ricordiamo che Cristo è stato messo in croce proprio per scardinarla. Ed è per questo – ha detto il vescovo ai giovani – che la Chiesa ha bisogno dei vostri pensieri, del dialogo con voi, che avete già dentro qualcosa di quel mondo nuovo che Cristo sta realizzando”.

I ragazzi si sono spinti anche a interrogarsi su bene e male e sulla figura dell’esorcista. “Se Dio è l’unica origine della vita, non esiste un dio del male che siede accanto a lui” ha sottolineato il sacerdote. “La sacra scrittura ci consegna una narrazione, in Genesi 2 ci dà un’orizzonte di senso del bene e del male ancora attuale: l’albero della conoscenza del bene e del male è il paletto d’amore che il padre dà ai figli. Il grande peccato dunque è la stupidità, la dimenticanza: Adamo ed Eva infatti, tentati dal diavolo, non ricordano di essere stati creati ad immagine di Dio e che quindi non hanno bisogno di mangiare dall’albero per somigliargli. Il diavolo, creatura misteriosa e angelica, esprime la degradazione della creazione perfetta di Dio, frutto dell’uso maldestro della libertà da parte dell’essere umano”. Anche i danni dovuti alle calamità naturali o alle grandi disgrazie, “dipendono dalle scelte individuali dell’essere umano. Ma ricordiamo anche che Cristo ha preso su di sé il male del mondo”.

Infine, non è mancata una riflessione sul ruolo della donna in una Chiesa che per troppo tempo è stata maschilista, come ha ammesso lo stesso vescovo. Tuttavia, oggi si sta facendo qualche passo avanti, grazie a Papa Francesco, che “sta chiedendo che i ministeri non ordinati siano dati anche alle donne. Si potranno forse riscoprire le diaconesse, che nella storia ci sono già state”, Insomma, “il ministero nella Chiesa si sta riaprendo alle donne. In alcune chiese cristiane la scelta è già stata fatta, come in quelle anglicane. Papa Giovanni Paolo ha scritto una lettera molto conclusiva su questo tema, ma la storia della Chiesa non può essere scritta in anticipo”.

E’ però importante, secondo il presule, capire quello che davvero le donne all’interno della Chiesa cattolica desiderano, ossia “di ripensare insieme il volto della Chiesa, in modo che non sia solo in mano agli uomini. Anche per questo, con alcune religiose e famiglie stiamo valutando come ripensare la formazione dei sacerdoti in seminario: vorremmo che tutte le vocazioni lavorassero per aiutarci a diventare sacerdoti migliori. Le donne, come Maria, devono aiutarci a essere una Chiesa secondo il cuore di Dio. Dunque la donna dovrebbe dare il proprio contributo alla Chiesa senza più avere un ruolo da subordinata”.

In conclusione, monsignor Napolioni ha quindi posto l’accento anche su un altro tema caldo, quello del celibato dei ministri di Dio: “Credo ci siano uomini sposati che potrebbero essere più bravi di me a guidare una comunità, ma il celibato resta un grande valore per la Chiesa. In fondo entrambi sono valori: sia il matrimonio, sia la scelta di non sposarsi per seguire una vocazione”. Quindi, un monito: “Il vero problema è che la nuova religione che subiamo è l’individualismo. Di fatto non è la Chiesa a condizionare l’esistenza, ma il mercato, che vende più prodotti sulla base delle nostre solitudini”.

Laura Bosio

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