Tamoil, replica della maggioranza:
"Vecchia giunta non fu parte civile"
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“La minoranza consiliare di Cremona, nel commentare la notizia della definizione da parte dell’Amministrazione del contenzioso contro Tamoil, dimostra di non conoscere vergogna e senso di realtà”: con queste parole il gruppo di maggioranza in consiglio comunale replica alle bordate dell’opposizione.
“Le forze di minoranza che oggi si domandano retoricamente se il risarcimento accettato dal Comune nella causa contro Tamoil sia adeguato, sono le stesse che nel 2012, quando iniziò il processo, decisero di non costituirsi parte civile, rinunciando a richiedere il risarcimento del danno nel processo penale contro i dirigenti Tamoil, nonostante le esplicite sollecitazioni della stessa magistratura” si legge in una nota, a firma dei capigruppo Lapo Pasquetti (Sinistra per Cremona), Roberto Poli (Pd) ed Enrico Manfredini (Fare Nuova la Città).
“Fu solo grazie all’impegno civico e al coraggio del cittadino Gino Ruggeri, insignito da questa Amministrazione nell’aprile 2019 della medaglia d’oro città di Cremona, che fu possibile al Comune di Cremona costituirsi nel processo penale e ottenere un risarcimento provvisorio di un milione di euro, oggi confermato e aumentato di ulteriori 1,4 milioni, per un totale di 2,4 milioni di risarcimento.
La scelta di definire la vicenda giudiziaria con il risarcimento ottenuto è frutto di una attenta valutazione che parte dalla proposta conciliativa formulata dal Giudice, nonché dalla valutazione di alcuni casi giurisprudenziali precedenti, corroborata dal parere del legale che ha assistito prima il cittadino Gino Ruggeri e oggi il Comune.
È bene ribadire ancora una volta che l’Amministrazione comunale non ha agito in giudizio per la tutela del danno ambientale, sicuramente di entità ben maggiore, trattandosi di una facoltà che per legge (art. 311 del Codice dell’ambiente) spetta unicamente al Ministero dell’Ambiente, che è rimasto tuttavia inerte, seppur debitamente informato della causa pendente.
Il Comune ha potuto agire esclusivamente per il danno all’immagine della città, che era alla base della richiesta economica avanzata per il risarcimento. Tuttavia per la quantificazione del danno d’immagine non esistono criteri oggettivi, se non l’equo apprezzamento del giudice e i precedenti giurisprudenziali.
È evidente che, all’avvio del giudizio, le richieste risarcitorie di tal genere debbano attestarsi sui livelli massimi rinvenibili nei casi precedenti; solo dopo le interlocuzioni con le controparti e il confronto con il prudente apprezzamento del Giudice nella fase conciliativa del giudizio, è possibile giungere a una verosimile ponderazione dei criteri di equità del giudicante e della misura del giusto risarcimento, senza correre il rischio di ottenere una vittoria mutilata da una condanna alle spese per aver insistito in una richiesta risarcitoria sproporzionata. E questo è ciò che prudentemente ha guidato la decisione dell’Amministrazione, supportata dal parere del legale che ha seguito tutta la vicenda.
Chi oggi critica la scelta di questa Amministrazione di definire il giudizio accettando un risarcimento di 2,4 milioni di euro, che saranno impiegati esclusivamente in progetti di riqualificazione ambientale sulla città, nel 2012 scelse di non chiedere alcun risarcimento, rischiando di compromettere gravemente gli interessi dei cittadini cremonesi” concludono i consiglieri.