Bloccarono il lavoro alla Prosus
Non c'è reato, assolti 15 operai

Assolti “perchè il fatto non sussiste”. E’ la sentenza pronunciata oggi per i 15 lavoratori della Prosus di Vescovato, per la maggioranza indiani, che l’8 e del 9 agosto del 2019 avevano impedito fisicamente l’entrata e l’uscita degli automezzi carichi di carne, stazionando vicino al varco di accesso al cantiere attiguo all’azienda. L’accusa era quella di violenza privata.
Oggi in udienza anche il pm onorario Silvia Manfredi ha chiesto l’assoluzione. Nel giugno dell’anno scorso, nel processo “fotocopia” per i fatti del maggio di quello stesso anno, era stata emessa sentenza di assoluzione per venti operai. “Il fatto non è previsto dalla legge come reato”, aveva detto il giudice nella formula dell’assoluzione.
In quei giorni i lavoratori erano sul piede di guerra “contro il sistema di appalti e cooperative all’interno dell’azienda”, e in quell’occasione, secondo quella che era l’accusa, con presidi non autorizzati avevano bloccato il lavoro per due giorni, con un danno all’azienda, come stimato dall’allora presidente Gianfranco Caffi, di 300mila euro.
“E’ una questione che deve essere riportata ad una vertenza sindacale, ad una rivendicazione per i lavoratori più fragili“, avevano sostenuto le difese, rappresentate dagli avvocati Fabio Farina e Marco Lucentini (oggi al posto dell’avvocato Lucentini era presente la collega Cristina Mazzoccoli). “Una vertenza sindacale anche aspra, ma con condotte attuate attraverso gli strumenti ordinari del diritto del lavoro. Non ci sono state intimidazioni, non ci sono state minacce, ma solo una resistenza passiva”.
Nella protesta si volevano unire una serie di rivendicazioni, in quanto c’erano dei lavoratori interinali che con il nuovo appalto non erano stati riassunti. Nell’agosto del 2019, quando era in corso il presidio, l’ex presidente Caffi aveva incontrato il delegato sindacale Roberto Montanari, di Usb logistica, e aveva firmato un accordo con il quale si impegnava a sottoscrivere un nuovo appalto di servizi, con fornitore diverso dalla cooperativa “3T”, che garantisse la riassunzione di 19 lavoratori che non erano stati riconfermati dalla cooperativa.
Sara Pizzorni