Massacrato di botte: "Filmavano
tutti, nessuno è intervenuto"
Il processo sul violentissimo pestaggio alla birreria Pedavena. In due alla sbarra

“Quando ho visto il mio collega accerchiato, buttato per terra e aggredito, ho chiamato la polizia, ma la situazione non si calmava. Erano degli animali che si accanivano contro una persona per terra. Allora sono intervenuta e sono stata colpita a mia volta da un paio di calci nelle costole. Sebbene il locale fosse pieno, nessuno dei clienti si è mosso. Facevano i video“.
E’ la testimonianza di una cremonese di 38 anni dipendente della birreria Pedavena di Cremona dove la sera del 16 novembre del 2021 un gruppo di clienti, “fastidioso e chiassoso”, aveva brutalmente pestato il suo collega, un 35enne cremonese che all’epoca era responsabile del servizio. A processo ci sono i campani Vittorio e Fabio De Iulio, rispettivamente 25 e 46 anni, nipote e zio, entrambi atleti di Reining, disciplina di equitazione americana. Sono accusati di lesioni personali aggravate. Un terzo imputato aveva già patteggiato.
Le due vittime si sono costituite parte civile attraverso gli avvocati Luca Curatti e Annalisa Sinelli.
Era già da alcuni giorni che gli imputati andavano a cenare in quel locale, e quella sera si erano presentati in una decina. Il periodo è quello post Covid, quando ancora si chiedeva ai clienti il green pass. “Il locale era pieno e noi dipendenti eravamo in pochi”, ha spiegato il cameriere di 35 anni vittima della violenta aggressione. “Per questo motivo il servizio era un po’ rallentato. Loro avevano chiesto da bere, ma poi si erano lamentati perchè era da qualche minuto che aspettavano. ‘Se non ci porti da bere spacco tutto’, mi aveva detto uno di loro. Erano insofferenti e maleducati, ma pensavo fosse finita lì”.

Dopo un’ora, come ha raccontato il cameriere, il gruppo aveva finito di mangiare, ma era tornato a lamentarsi col dipendente, sostenendo che il dolce non era stato portato. “Ad un certo punto”, ha spiegato il 35enne, “in cinque o sei si sono alzati e sono venuti verso di me, accerchiandomi. Con uno di loro ero faccia a faccia, e pensavo che mi avrebbe dato una testata. Per cui ho istintivamente alzato la mano per proteggermi il volto, e poi mi sono arrivati pugni in faccia e calci da tutte le parti. Non ho reagito, ma loro non si fermavano, fino a che non mi sono trovato a terra. ‘Ti ammazzo, te la faccio pagare’, mi dicevano, mentre io cercavo di rannicchiarmi e di coprirmi la testa il più possibile. Quando era a terra e mi sferravano i calci ho visto che indossavano degli scarponi”.
“Non è la priva volta che quelle persone venivano nel locale”, ha ricordato la vittima, che ha confermato che gli imputati facevano parte del gruppo che lo aveva aggredito.
In aula, l’uomo ha mostrato al giudice la cicatrice riportata per la lesione all’ulna. Il 35enne era stato in ospedale per cinque giorni e a casa in malattia complessivamente 8 mesi. Ed è stato in cura da uno psicologo. “Ancora oggi quella violenza insensata mi provoca ansia“, ha raccontato. “Quando ho saputo dell’aggressione al barista de La Ciocco di piazza Roma mi è dispiaciuto tantissimo. Non lo conosco, ma gli esprimo grande solidarietà. Mi sono immedesimato con ciò che gli è accaduto”.
Sia al 35enne che alla collega, intervenuta in suo aiuto, i due imputati, bypassando i legali, hanno fatto avere a titolo di risarcimento, 12.500 euro a lui, e 1.200 a lei.
Ma il processo va avanti. Si torna in aula il prossimo 14 maggio.
Sara Pizzorni