Stalking, minacce e percosse: la ex
"oppressa pure sul posto di lavoro"
Doppio processo per un 37enne cremonese

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Il 28 giugno dell’anno scorso un 37enne cremonese, di professione commerciante, era stato condannato ad un anno e sei mesi perchè ritenuto colpevole di stalking nei confronti della ex fidanzata. Fatti accaduti prima del 2020, anno della fine della relazione, troncata dalla donna. Ora il 37enne è di nuovo a processo, sempre per stalking, ma anche per percosse e minacce, episodi accaduti dal luglio del 2020, dopo che la coppia si era lasciata. E oggi in udienza sono stati richiamati alcuni dei testimoni che già avevano deposto nel corso del procedimento terminato con la condanna.
Il prossimo gennaio l’uomo dovrà inoltre subire un terzo giudizio per non aver rispettato il divieto di avvicinamento alla sua ex compagna, barista in un locale cremonese.
L’imputato è assistito dall’avvocato Vittorio Patrini, mentre la donna è parte civile attraverso il legale Laura Facchetti. Per l’accusa, lui l’aveva terrorizzata facendole vedere un video in cui una mano caricava una pistola con dei proiettili, la chiamava tutti i giorni, anche di notte, il telefono che suonava ogni cinque minuti, persino quando lei era in caserma per sporgere denuncia contro di lui. La pedinava ovunque, sia a casa che al lavoro, l’aveva strattonata più volte, facendole lividi sulle braccia, e aveva spedito alla madre di lei una lettera con insulti e frasi shock.

Dell’incubo vissuto aveva parlato in aula la stessa presunta vittima: “Quelle continue chiamate arrivavano tutti i giorni, sia sul cellulare che a casa. Sul mio telefonino a volte appariva il suo numero, in altre c’era scritto privato. Tutte telefonate mute, anche la notte. Ho bloccato tutti i contatti, compresi i social. Anche lì, ingiurie e parolacce. Mi perseguitava e mi pressava affinchè tornassi con lui”. Al giudice, la giovane aveva spiegato di essere stata costretta a cambiare le sue abitudini: “Mi facevo accompagnare ovunque, perchè me lo trovavo dappertutto“.
In aula è stata sentita anche la testimonianza del titolare del bar dove la vittima lavora. “La seguiva nel locale”, ha riferito il barista, “lui era sempre lì e io vedevo che lei era a disagio. Ho visto i lividi in varie parti del corpo, anche se lui era furbo e lasciava segni che non si vedevano all’esterno. Lei aveva paura, io stesso varie volte l’ho accompagnata a casa”.

Il barista ha raccontato anche di essere intervenuto in soccorso della dipendente. “Una sera lei era venuta con la sua auto e io ho visto lui nascosto nel parcheggio. Mentre stavo tornando a casa ho visto che lui l’aveva tirata giù dall’auto e la stava portando in una stradina buia dietro una chiesa. Allora li ho seguiti, ho messo gli abbaglianti e lei è venuta subito a rifugiarsi nella mia auto sui sedili posteriori. Ho chiamato i carabinieri. Lei era terrorizzata”.
“Si presentava al bar dalle quattro alle sei volte al giorno“, ha raccontato a sua volta una collega della vittima. “Si sedeva, ordinava un caffè e la seguiva con lo sguardo, cercando di avvicinarla e di parlarle. Lei si sentiva oppressa, era scossa: lui continuava a presentarsi nel locale o ad appostarsi fuori e spesso la seguiva, tanto che lei era costretta a farsi accompagnare”. Si torna in aula il 31 ottobre.
Sara Pizzorni