Corso di scrittura, tappa finale
Uscirne con ancora più “fame”
Si è concluso con la lezione/laboratorio nel Campus di Santa Monica, il corso “Raccontare una storia” promosso da CR1, CremonaOggi e Mondo Padano

Più di tutte è stata la “fame”. Era incollata addosso a ognuno, distratti mai, svagati nemmeno, nel seguire con l’occhio e nel tendere l’orecchio. Ero lì, in fondo all’aula e osservavo. Un’insegnante funziona, fa “presa”, se le cose che porta “sono un fuoco” (McCarthy fa scuola). Cristina Marconi lo è stata per quattro ore, due al mattino e due al pomeriggio, sabato scorso, durante la lezione finale e in presenza del nostro corso “Raccontare una storia”, promosso da Mondo Padano, CR1, CremonaOggi e organizzato in collaborazione con la scuola di scrittura Belleville, di Milano.
Giornalista e scrittrice, docente per Belleville, Marconi mette insieme piglio, esperienza e parole facendone una calamita potentissima. Ce ne aveva offerto una larga caparra nella lezione numero due, su piattaforma Zoom, affrontando il tema dei personaggi. Ma in quell’aula, sabato scorso, Cristina ha avuto (me lo consentirà) un vantaggio enorme: ventidue studenti “affamati”, che avrebbe potuto condurre ovunque e senza resistenza, e così è stato, nei territori magnifici e arditi della scrittura. Il programma della giornata è stato: lettura e correzione dei racconti assegnati a inizio corso e riscrittura degli stessi sulla base delle osservazioni avute. In un’altra aula del Campus Santa Monica, un’altra ventina di allievi erano con Pier Franco Brandimarte, altro scrittore e docente “calamitosissimo”.
Consigli e correzioni, suggerimenti, punti di attenzione, incoraggiamenti. Perfino il privilegio di veder commuoversi Cristina, che nel rileggere il racconto di un corsista si ferma ben due volte: «È un filo zuccherino – ha commentato – ma ha quella dose di verità che ci tiene attaccati. È descritta molto bene una coppia nella sua eternità».
Qui non si può elencare tutta la ricchezza ricevuta, ma qualcosa sì. Per esempio: «Bisogna rileggere a voce alta». «Serve musicalità senza inciampi». «Mai frasi che prendano il tono della cantilena». «Evocare i concetti con una immagine, non spiegarli. Ad esempio: una camminata. Come cammina, come pesta il terreno un uomo arrabbiato?». «Noi raccontiamo il cuore umano: ci interessa sempre capire come l’umano reagisce». «Scrivere è un’opera di fedeltà a sè stessi». E via di questo passo.
A fine giornata, la sensazione è stata doppia: quella di un appagante ristoro e, al tempo stesso, di una fame d’imparare ancora più grande. Paradossale, ma vero. E forse quest’ultima è la cartina di tornasole più utile, magari anche uno sprone per un progetto futuro strutturato e duraturo.
Cristiano Guarneri
Mondo Padano