Perseguitata dall'ex: "Come
rinchiusa in una gabbia di ferro"
Processo per stalking. Era stato il primo caso a Cremona di applicazione del braccialetto elettronico. Il perdono della vittima e la richiesta di togliere il dispositivo, ma il giudice ha detto di no

Nel dicembre del 2023, nei confronti di un 52enne veneto, era stata eseguita dagli uomini della Questura di Cremona la misura cautelare del divieto di avvicinamento, con l’applicazione, per la prima volta a Cremona, del braccialetto elettronico. Oggi Marco (nome di fantasia) è a processo per stalking nei confronti della ex compagna Laura (nome di fantasia), 45 anni, residente a Cremona.
I due, entrambi ingegneri di professione, si erano conosciuti nel 2021 e due anni dopo erano andati a convivere. Lei, per trasferirsi da lui, si era licenziata dal lavoro, ma poi la sua azienda l’aveva riassunta con la possibilità di lavorare in smart working. Nel marzo del 2023, però, erano cominciati i problemi. “Lui era molto geloso“, aveva raccontato Laura, “ed era convinto che gli nascondessi qualcosa. Pensava avessi un’altra persona e ha cominciato a chiamare una mia amica per chiederle informazioni”.
Per questo motivo tra i due conviventi era scoppiata una lite furibonda. “Abbiamo urlato, strillato”, aveva ricordato lei. “Quella sera lui per rabbia ha dato un calcio al divano e si è fatto male ad un piede. In quell’occasione mi aveva afferrato per i polsi, le nocche delle mie mani premevano contro il mento e mi era venuto un livido”.
Lei voleva andarsene, ma mentre faceva la valigia, lui le aveva preso i vestiti e glieli aveva gettati sul divano e lungo le scale. C’era anche una gonna di pelle: “Mettitela con qualcun altro questa gonna da p…”, le aveva detto lui, tra insulti e offese. Laura era riuscita ad andare via, ma lui le aveva preso il telefonino con il quale aveva chiamato una serie di persone, tra cui l’ex fidanzato, minacciandolo che gli avrebbe “spaccato la faccia”, e un’amica di lei.
“Vengo sotto casa tua, psicopatico, e ti ammazzo“, era stato il messaggio vocale che l’imputato aveva inviato all’ex fidanzato della 45enne con il telefono di lei. Il 52enne aveva spaventato anche l’amica della vittima, che, chiamata a testimoniare in Questura in seguito alla denuncia, aveva ricevuto su Telegram un’immagine con una mano che salutava. La donna l’aveva interpretata come una minaccia.
Il 52enne aveva anche telefonato nell’azienda dove Laura lavorava, inviato una mail al suo capo e all’amministratore delegato. “Una volta si è presentato anche in sede“, aveva raccontato la vittima. “Era convinto che avessi una nuova relazione”. L’uomo aveva minacciato anche i colleghi di lei per sapere dove si trovasse la ex compagna, arrivando addirittura a chiamare tutti gli hotel della città dove la donna si era recata per lavoro, pur di rintracciarla.
Laura, per evitare le continue e pressanti domande dettate dalla gelosia del compagno, era tornata a vivere nell’abitazione dei propri genitori a Cremona, ed era stata costretta chiedere al proprio datore di lavoro di poter lavorare da casa per evitare di incontrare l’imputato.
“Era convinto che lei lo avesse lasciato per un collega di lavoro”, ha raccontato oggi in aula la mamma di lei. “Tra mail, messaggi e telefonate, mia figlia non ce la faceva più. Era preoccupata, angosciata, mai serena. Lui la opprimeva, non aveva libertà, era come rinchiusa in una gabbia di ferro“.
A processo, Laura non si è costituita parte civile. A settembre dell’anno scorso ha deciso di rimettere la querela, perdonando l’ex compagno. Ma il reato, che comprende anche le lesioni e le ingiurie, è procedibile d’ufficio e il processo va avanti.
Al giudice, la 45enne aveva chiesto che al suo ex venissero tolte le misure a cui è ancora sottoposto, compreso l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Ma il giudice ha ritenuto di mantenerle.
Si torna in aula per altre testimonianze il prossimo 10 ottobre.
Sara Pizzorni