Pizzetti: "Certa sinistra dà alla
destra un assist che non merita"

Luciano Pizzetti, chiamato in causa dal Comitato Arci provinciale sul tema della sicurezza, risponde a chi lo accusa di aver abdicato alle ragioni della sinistra per quanto riguarda la questione sociale che sta alla base di tanti episodi di criminalità.
“Non replico tanto nella veste istituzionale giacché ad altri meglio compete”, afferma in una nota. “Bensì da persona di sinistra quale da sempre sono, ben prima del sopraggiungere di nuovi maestri. Una sinistra che non coglie le diverse preoccupazioni sociali, dubito sia in grado di sviluppare adeguatamente la propria funzione nazionale di progresso e di contrasto alla nuova destra. Di disboscare povertà materiali e immateriali con le paure in parte da esse indotte. Ad esempio la questione insicurezza. Reale o percepita, fa poca differenza nelle apprensioni popolari. Un tempo la sinistra aderiva ‘alle pieghe della società’. Vale a dire che declinava valori per affermarli nell’interesse generale.
“Oggi invece parte di essa afferma principi ma non si cura di quel che accade intorno a sé. Nemmeno nel proprio areale. Predica dal pulpito ma tante parole non giungono alla piazza. Così succede che si perdono i referendum, in particolare quello sulla cittadinanza. E la concretizzazione di quei principi e valori si allontana di molto nel tempo. Non solo. Sì dà alla destra un assist che non merita. La destra non è sicurezza. È prevalentemente ordine nazionalista. Lasciarle il tema dell’insicurezza delle persone è colpa grave.
“Certo che esiste il tema della povertà in aumento, con un divario sociale che cresce e un potere d’acquisto che per tantissimi cala. La precarietà si estende. Si affronti di petto, senza diversivi. Certo che esiste il tema del disagio giovanile. Esiste anche perché i grandi pilastri della società sono in défaillance: la famiglia, la scuola, gli oratori, i partiti, i sindacati. I canali social li hanno sostituiti. Si discuta davvero di questo. Del come affrontare grandi cambiamenti in un tempo di risorse scarse e di presidi democratici indeboliti.
“Il senso di socialità occorre rigenerarlo dal basso partendo dalla comprensione di ciò che accade. E da nuove costruzioni che dobbiamo sforzarci di immaginare senza l’illusione di maggiori risorse disponibili. Questa illusione sarebbe sì imperdonabile ipocrisia. Diversamente da ciò non si contrasta un bel nulla. Neppure l’abuso di alcol e droghe tra i giovani. Neppure il numero eccessivo di minori stranieri presenti a Cremona, con un flusso a volte gestito nell’illegalità che la alimenta. Dunque il tema insicurezza non è altro dalla più generale questione sociale.
“Ma va affrontato anche nella sua particolarità. Superare il disagio e combattere la delinquenza. La militarizzazione avverrà se non assumeremo questa consapevolezza. Trump docet. E avverrà, temo, col consenso della maggioranza dei cittadini.
“A titolo informativo segnalo che le risorse immesse dal Comune di Cremona nel comparto sicurezza ammontano annualmente a 4 milioni e 400 mila euro, pari al 5% del bilancio. Quelle destinate a funzioni sociali sommano 34 milioni e 250 mila euro, pari al 40% del medesimo bilancio. Dunque perché parlare a sproposito? Se aggiungiamo a queste ultime le spese per l’istruzione, soprattutto dei minori, arriviamo al 51% del bilancio comunale. Più altre spese in cultura inclusiva, ad esempio il finanziamento della rassegna PAF appena conclusasi.
In termini di risorse e di attenzione cosa riuscirebbe a fare di più il Comune? Si avanzino proposte, perché col ben altro e col ben oltre si costruisce un bel nulla. La verità è che a Cremona si investe moltissimo sul sociale. Com’è evidente, nel bilancio comunale è la spesa di gran lunga prevalente. Migliorabile? Certamente. Comprimibile? Non credo. Ampliabile? Mi pare difficile. Le cifre parlano chiaro e da sole smentiscono affermazioni senza fondamento e senza costrutto. Dare l’idea che si rincorra la destra sulle politiche securitarie è lontano anni luce dalla realtà. Si metta solo l’orecchio a terra per ascoltare la comunità. Ascoltare per capire. Non per giudicare. ARCI sbaglia mira e sbaglia bersagli”