Israele - Iran, le ripercussioni
economiche: "Petrolio e non solo"

L’attacco di Israele all’Iran aveva scatenato il panico sui mercati globali. I bombardamenti di contro l’impianto nucleare di Natanz avevano innescato una reazione a catena con il petrolio schizzato ai massimi dell’anno, le borse internazionali crollate e nuovi record storici per l’oro.
E ora, la tregua porta con sé due conseguenti importanti, di due diverse nature ma estremamente delicate: “La prima ovviamente è prioritaria, che è quella umana, il costo di vite perse durante i dodici giorni del conflitto sono sicuramente tragiche e poi c’è la parte economica, parte economica che riguarda due aspetti fondamentali per l’Italia” Antonia Ronchei, direttore de “Il Bollettino”.
“Si tratta della minaccia della chiusura dello stretto di Hormuz, che sappiamo essere quel tratto di mare che separa la parte iraniana da quella dei paesi principalmente fornitori di petrolio di tutto il mondo” dice Ronchei.
“E questa chiusura che cosa comporterebbe? Comporterebbe che il 20% del petrolio prodotto, che transita attraverso questo stretto e che va nei vari paesi del mondo che lo acquistano, verrebbe bloccato, si parla all’incirca di una ventina di milioni di barili al giorno e il blocco di questa quantità di petrolio comporterebbe una minor disponibilità e quindi un conseguente aumento dei prezzi di tutto ciò che è relativo e conseguente all’utilizzo del petrolio.
E poi c’è un secondo aspetto che è la relazione commerciale che l’Italia ha con l’Iran, perché noi importiamo da loro prodotti, soprattutto commodities, quindi materie prime, ed esportiamo tanto in Iran, tant’è che siamo il secondo paese più importante a livello di esportazione in Iran, che cosa in particolare prodotti chimici e macchinari, macchinari tecnologici. Allora questa relazione con loro ovviamente, se il conflitto dovesse continuare, potrebbe interrompersi”.
Tutto questo va inserito poi in un contesto più globale, in un mondo che sta attraversando fasi delicate di politica e di tensioni geopolitiche: “Non dimentichiamo che oltre alla situazione che c’è in Iran, sulla quale ancora si sta attendendo, c’è anche un altro conflitto in essere che è quello tra Russia e Ucraina” conclude l’esperta “Anche questo ha influito moltissimo sulle nostre tasche, perché l’abbiamo visto dal rincaro anche lì delle materie prime, soprattutto anche di quelle agricole, perché importiamo tantissimo dall’Ucraina, in quantità di grano, quindi le farine, le sementi, eccetera. E poi c’è anche la questione energetica, vi ricorderete tutti sicuramente gli aumenti che ci sono stati, conseguenti al fatto che noi eravamo molto dipendenti dalla Russia. Ecco, quando ci siamo staccati dalla Russia, conseguentemente alle sanzioni e quindi al conflitto, noi ci siamo attaccati moltissimo ai paesi della penisola arabica, perché abbiamo iniziato ad acquistare da loro il petrolio per la nostra energia”.