Via Sardagna, aggredì il vicino:
tre anni. Ordinata l'espulsione
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Per la furibonda lite scoppiata tra due vicini di casa la sera dell’11 maggio del 2024 in via Sardagna, i giudici hanno condannato ad una pena di tre anni, Mehedi Lahrache, il marocchino di 37 anni che in un’esplosione di violenza aveva aggredito, colpendolo ripetutamente al volto e alla testa con un mattone, il suo vicino di casa, Abdellah Rharrad, connazionale di 47 anni, ex muratore residente in una delle palazzine dell’Aler all’altezza del civico 4, nel quartiere Borgo Loreto. Per l’imputato, per il quale è stata ordinata l’espulsione, il pm Federica Cerio aveva chiesto una pena di cinque anni.
Tentato omicidio era l’accusa contestata al momento dell’arresto, poi derubricata in lesioni gravi. Con le aggravanti di aver messo in pericolo la vita del suo vicino e di avergli cagionato un deficit cognitivo. Come risarcimento è stata disposta una provvisionale di 25.000 euro in favore della vittima e di 10.000 euro per la convivente, che lo ha sempre assistito. La coppia era rappresentata dagli avvocati Alessandro Vezzoni e Santo Maugeri, mentre l’imputato, che è ai domiciliari, era difeso dall’avvocato Giorgio Lazar.

I motivi del contendere sono da ricondurre a pessimi rapporti di vicinato, con denunce, querele e risse che i due avevano da tempo. Quella notte la situazione era degenerata. Tra i vicini, che si erano picchiati a vicenda, era scoppiata l’ennesima lite nella quale il 47enne aveva avuto la peggio.
“Non sono abituato a macellare le persone“, si era difeso in aula il 37enne. L’uomo aveva sostenuto che il vicino desse fastidio sessualmente a sua madre, una donna molto religiosa che pregava cinque volte al giorno.
L’imputato aveva ricostruito i fatti, sostenendo di essere stato al bar sotto casa con il cane, quando si era accorto della presenza del vicino. “Mi seguiva, era ubriaco. A quel punto mi sono alzato, lui mi è venuto dietro e quando sono arrivato al portone di ingresso mi ha aggredito alle spalle. Aveva una lama in mano. Siamo caduti, io per difendermi gli ho dato dei pugni, e lui mi è caduto addosso. Poi ci siamo colpiti a vicenda fino a che lui in uno slancio è caduto all’indietro battendo la testa contro il portabiciclette. Lì ho visto il sangue e mi sono fermato”. Per il pm, che aveva riguardato le fotografie, la rastrelliera non c’è. “Se è vero che il vicino lo ha rincorso ubriaco, l’imputato ha reagito in modo sproporzionato”.

Per l’avvocato Maugeri, “un comportamento criminale. Quel coltello che l’imputato sostiene di aver visto non è mai stato trovato”.
Ad arrestare il 37enne erano stati gli agenti della Squadra Volante della Questura di Cremona che una volta arrivati sul posto avevano trovato il ferito a terra in posizione supina vicino all’ingresso del plesso condominiale. Si trovava in stato di incoscienza, aveva evidenti tumefazioni al volto e dalla testa usciva sangue.

Poco prima del trasporto in ospedale del ferito, i poliziotti avevano notato la presenza di un uomo affacciato al balcone di una delle palazzine, conosciuto dagli agenti per precedenti interventi a causa di liti e aggressioni tra i due vicini. Abbagliato dal fascio di luce delle torce, il 37enne si era coperto il volto con la mano destra rendendo evidente la presenza di una fasciatura rudimentale che lasciava supporre un coinvolgimento nella vicenda. La perquisizione domiciliare aveva permesso di trovare e sequestrare gli abiti insanguinati compatibili con quelli indossati dall’aggressore sulla base della descrizione fornita da uno dei testimoni.
La vittima era stata ricoverata in gravi condizioni all’ospedale di Cremona e sottoposta ad un’operazione alla testa. Ancora oggi l’uomo sta seguendo un lungo percorso di riabilitazione. “Ha delle amnesie”, aveva detto l’avvocato Vezzoni, “non ha più la percezione della realtà e non potrà più lavorare”. “Sua moglie lo deve seguire in tutto”, aveva aggiunto il collega Maugeri. “Va dallo psicologo per farsi aiutare”.
Sara Pizzorni