Kebab: tentata rapina e lesioni
Ai gemelli due anni e sette mesi
A fine pena disposta l'espulsione
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Da rapina, in tentata rapina. Il reato, riqualificato, insieme all’altra accusa di lesioni, è costato la condanna a due anni, sette mesi e 200 euro di multa a ciascuno dei due gemelli albanesi di 18 anni finiti a processo per quanto accaduto la sera del 26 febbraio scorso all’interno del negozio di kebab di via Guarneri del Gesù. Per entrambi, i giudici hanno disposto l’espulsione una volta espiata la pena. I due imputati, assistiti dai legali Guido Priori e Marco Soldi, sono ristretti ai domiciliari con il braccialetto elettronico. La motivazione sarà depositata entro 60 giorni, e i difensori hanno annunciato che ricorreranno in Appello, “anche alla luce dei riscontri oggettivi”, e cioè del video contenuto negli atti del processo.
Per i gemelli, il pm Francesco Messina, non ritenendo provata la rapina ai danni del titolare, un 40enne pakistano, aveva chiesto l’assoluzione, mentre aveva chiesto la condanna a nove mesi per le lesioni riportate dall’esercente e per essere stato minacciato con un coltello.
I due ragazzi erano stati arrestati la stessa sera del fatto insieme ad un 15enne italiano. I tre, insieme ad altri amici, tra cui una ragazza, stavano tornando da una festa di compleanno. Avevano bevuto molto. Poi erano entrati nel locale dove c’era stata una discussione con il commerciante che si era rifiutato di fare andare in bagno il minorenne. Il pakistano lo avrebbe afferrato per un braccio ed era nata la colluttazione alla quale aveva preso parte anche uno dei gemelli.

Secondo l’accusa, il loro intento sarebbe stato quello di rubare il denaro della cassa, non riuscendoci. Al titolare, che aveva riportato cinque giorni di prognosi per un trauma facciale, sarebbe stato intimato di consegnare i soldi, mentre la ragazza, che avrebbe incitato gli altri a picchiare la vittima, si sarebbe impossessata di alcune bottiglie di birra portandole via dal frigorifero. Quando un passante era entrato nel negozio per soccorrere il pakistano, i giovani si erano dati alla fuga.
Secondo il pm, le dichiarazioni “coerenti, lineari e precise” rese dalla persona offesa nel corso delle indagini, non sono state tali durante il processo. Il pakistano, che ha rifiutato il risarcimento di 600 euro offerto dalla difesa per le lesioni riportate, era stato sentito la scorsa udienza con l’aiuto di un’interprete. E per l’accusa, non era stato così “netto e chiaro” come nelle precedenti dichiarazioni. “Non è sicuro”, aveva detto il pm nella sua requisitoria, “che gli avessero chiesto dei soldi. Dal video si sentono gli imputati offrirgli dei soldi in modo provocatorio per poter accedere al suo bagno. Il titolare non parla bene l’italiano, e non è escluso che abbia capito male“.

Davanti ai giudici il pakistano era tornato con la memoria a quella sera, ma con tanti non ricordo. L’uomo aveva detto che i ragazzi erano entrati nel locale per chiedergli di andare in bagno. “Venivano spesso a usare il bagno senza comprare niente, e ho detto di no”. A quel punto l’avrebbero aggredito in due, poi qualcuno aveva staccato la corrente e al buio era spuntato un terzo ragazzo che gli avrebbe chiesto i soldi. “Dammi i soldi”, è la frase ricordata dal commerciante, che aveva escluso un’offerta di denaro da parte dei giovani per andare in bagno, ma che nello stesso tempo non ricordava la richiesta di consegnare loro l’incasso. “Ero confuso“, aveva detto, avevo il sangue sulla fronte, ero stato picchiato e poi minacciato con un coltello”.
L’uomo aveva riferito di essere stato malmenato da due o tre persone e che l’aggressione era durata dai due ai cinque minuti. All’interno del kebab era entrata anche la ragazza che era con il gruppo. Sarebbe stata lei ad aprire il frigorifero e a portare via alcune bottiglie di birra. Ma l’esercente non si ricordava.
La difesa dei due gemelli ha puntato sull’assenza dell’elemento soggettivo del reato. “C’è stata un’azione veemente, ma non violenta. Gli imputati si sono comportati male, ma non hanno commesso la rapina“. “Fumoso” è stato invece definito l’aspetto della presunta sottrazione della birra dal frigorifero”.
Sara Pizzorni