Chiesa

"Basta populismo, la società
civile esempio di solidarietà"

Le parole di mons. Giancarlo Perego a CR1 a difesa delle manifestazioni di pace e contro il riarmo

Mons. Giancarlo Perego arcivescovo di Ferrara-Comacchio

Sulla tregua di Gaza la trasmissione La Piazza di CR1, ha ospitato Mons. Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes.
“La tregua è un segno di speranza, ma molto fragile – afferma il prelato -. C’è grande incertezza, come ha sottolineato anche il quotidiano “Avvenire” in un suo editoriale. Non è certo quali saranno i passi successivi rispetto a questa tregua. Giustamente si fa notare come nel momento della firma, mancavano Israele e palestinesi. Quindi da questo punto di vista credo che sia un segnale, ma per arrivare a una pace giusta, come ha detto anche Papa Leone, dobbiamo attendere ancora molti altri passi che non saranno certamente facili”.

E’ un mondo di soprusi e violenza. “Non abbiamo mai avuto così tante guerre come in questo momento, se ne contano 56. L’Africa soprattutto è la più colpita, e spesso sono guerre causate non da fattori territoriali o altro, ma in più delle volte sono determinate dal controllo di alcuni beni. Coinvolte anche multinazionali, governi esterni, proprio per  il possesso di alcuni beni come per esempio l’acqua. Si parla di 12 guerre legate a questo bene, soprattutto all’interno della situazione africana. Al tempo stesso preoccupa la nuova corsa agli armamenti.

Il Papa ha ripetuto com’è importante invece il disarmo come una delle forme fondamentali per la protezione delle persone. Invece anche il nostro Paese in pochi anni dovrà spendere 200 miliardi per armarsi in una situazione economica drammatica, sul piano sanitario e su quello sociale.

Lo dicono i recenti dai Istat che parlano di 5 milioni e 700 famiglie in povertà. Continuiamo ingenuamente a pensare che le armi possano risolvere i problemi, invece hanno sempre moltiplicato e complicato i problemi. E’ ingenuo chi pensa che la corsa agli armamenti sia uno strumento di tutela e di sicurezza. E questa corsa alle armi non avviene solo sul piano generale, ma addirittura il decreto sicurezza sta spingendo ad armare di più gli agenti. Bisogna puntare sul dialogo, l’incontro, la mediazione, invece tutti questi strumenti, sia sul piano internazionale, vediamo l’ONU, ma anche sul piano locale, stanno venendo meno”.

In tanti sono scesi in Piazza per manifestare contro la violenza e per la Palestina. “Un grande gesto della società civile che non è stato riconosciuto, un grande segno di pace, la volontà di partecipare e sostenere questa pace da parte della gente comune, i lavoratori, gli studenti, che sono stati tra i primi e tra i più importanti a creare questo popolo della pace.

Una grande volontà che purtroppo è stata misconosciuta, così come è stato svalutato un altro grande gesto della società civile: 40 nazioni unite nella “Flotillia”, per richiamare un diritto fondamentale, il diritto internazionale, che invece è stato leso. Tanto che un ministro (Tajani n.d.r.) ha avuto il coraggio di dire che il diritto internazionale è relativo.

Affermazioni incredibili, siamo di fronte a un attacco a quel principio di sussidiarietà costituzionale, a quella responsabilità civile che è in capo al popolo, alla società di cui i governi dovrebbero essere servitori e invece in questo caso abbiamo assistito quasi a uno scontro fra un governo che guardava da un’altra parte e il popolo, la società civile che mostrava attenzione ai bambini uccisi, ai 400mila profughi, alle persone che perdevano tutto e non sappiamo quando lo recupereranno. È stato un grande gesto di solidarietà da parte della società civile, mentre è stato irresponsabile il gesto del governo”.

E intanto il governo pensa di limitare la libertà di manifestazione e il diritto al dissenso democratico. “E’ il famoso decreto sicurezza che punisce il dissenso nelle carceri, il dissenso in piazza, il dissenso delle diverse realtà, anche davanti ad alcuni luoghi come i CPR. E’ un altro segnale grave di un populismo penale che pensa che aumentando i reati e creando nuove pene si abbia più sicurezza.

Non c’è niente di più ingenuo, la sicurezza deve sempre essere accompagnata da un aggettivo, la sicurezza è sempre sociale, cioè è sempre fatta con azioni di prevenzione, di accompagnamento sul territorio, di attenzione, di mediazione. Pensare che si riesca a ottenere la sicurezza soltanto con nuovi reati, ci fa tornare a prima di Cesare Beccaria. Questo è un aspetto veramente grave, si cerca di impedire i diritti fondamentali della società civile. Era già stato attaccato il soccorso in mare, cercando di allontanare sempre di più i porti dove le ONG sbarcavano le persone salvate, poi i tribunali hanno rimesso le cose a posto.  E poi si è cercato di fermare la “flotilla”, di banalizzare l’impegno della società civile.
Giovanni Palisto

 

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...