Furti con esplosivo, scacco a banda
criminale: 6 arresti e un ricercato
Operazione contro un'organizzazione dedita ai furti ai bancomat: arrestati sei membri, uno è ricercato. Indagini partite da un fallito assalto a Cella Dati.
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Sei persone arrestate e un ricercato: questo il bilancio della maxi operazione condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Cremona, che hanno sgominato una vera e propria associazione a delinquere dedita ai furti con esplosivo ai bancomat e ai colpi in aziende del Nord Italia.
L’indagine, condotta dalla Procura di Cremona, ha coinvolto i Comandi Provinciali di Foggia, Pescara e Mantova, le Compagnie Carabinieri di Cremona e Casalmaggiore, le unità cinofile per la ricerca di armi ed esplosivi dei Nuclei di Orio al Serio (Bergamo) e Modugno (Bari), e la Stazione Carabinieri presso l’Aeronautica Militare di Ghedi (Brescia).
L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Cremona, riguarda sette persone di età compresa tra 40 e 61 anni, tutte con precedenti penali o di polizia. Sei sono state arrestate, mentre la settima è tuttora ricercata. Due degli indagati risiedono in provincia di Cremona ma sono originari del Foggiano mentre gli altri quattro abitano in provincia di Foggia. Contemporaneamente sono state eseguite quattro perquisizioni a carico di ulteriori indagati, uno dei quali nel Cremonese e tre in Puglia.
Secondo gli inquirenti, quasi tutti gli arrestati hanno un profilo criminale di rilievo. Uno di loro, nel 2017, aveva partecipato a un assalto a un bancomat in provincia di Foggia, durante il quale si era verificato uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine.
INDAGINI AL VIA DA CELLA DATI
L’inchiesta ha preso il via dopo il tentato furto allo sportello bancomat della filiale Cassa Padana Bcc di Cella Dati, avvenuto nella notte del 1° febbraio scorso. Poco dopo le due, una banda composta da almeno quattro uomini, a bordo di un’auto risultata rubata poche ore prima a Cremona, aveva cercato di far esplodere il distributore automatico di banconote utilizzando due ordigni artigianali, le cosiddette “marmotte”.
La prima esplosione non aveva sortito effetto, così come la seconda, che pur provocando gravi danni all’edificio non era riuscita a scardinare le casseforti interne contenenti oltre 27mila euro. Costretti alla fuga prima dell’arrivo dei Carabinieri, i malviventi avevano abbandonato la scena senza riuscire a portare via nulla.
I primi accertamenti avevano permesso di risalire all’Alfa Romeo utilizzata per il colpo e, tramite l’analisi delle immagini di videosorveglianza, di individuare un’altra vettura che faceva da “staffetta”, ripresa lungo lo stesso tragitto con pochi secondi di anticipo.
I militari hanno dato il via alle indagini proprio partendo da quell’auto: sono risaliti al proprietario, dando così il via a un’articolata attività investigativa fatta di pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali e analisi dei tabulati. Elementi che hanno consentito di identificare due degli arrestati come i presunti autori materiali del tentato furto a Cella Dati e di far emergere l’esistenza di una struttura criminale organizzata con base nel Cremonese e diramazioni in Puglia.
IL MODUS OPERANDI
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la banda aveva una struttura gerarchica rigida, definita dal giudice “di tipo paramilitare”. I vertici decidevano i colpi e le modalità operative, mentre la cosiddetta “squadra” si occupava della fase esecutiva.
Gli indagati utilizzavano telefoni “puliti”, schede intestate a prestanome o a persone inesistenti, vecchi cellulari senza connessione a Internet e radio ricetrasmittenti per evitare intercettazioni. Avevano a disposizione garage, magazzini e capannoni da usare come basi logistiche, in cui ospitavano i “pendolari” provenienti dalla Puglia e nascondevano auto rubate o materiale esplosivo.
Estremamente prudenti, spegnevano i telefoni personali durante gli spostamenti per non essere localizzati e distruggevano periodicamente dispositivi e sim card usate. Gli incontri si svolgevano quasi sempre di persona, spesso in garage o capannoni ritenuti sicuri.
Il gruppo aveva anche acquistato un camion intestato fittiziamente a un prestanome per il trasporto della refurtiva derivante da futuri colpi a banche o aziende logistiche. Da alcune conversazioni intercettate è emersa persino l’ipotesi di organizzare un assalto a un portavalori, con l’impiego di armi da guerra reperibili attraverso contatti nel Foggiano.
GLI ALTRI COLPI
Nel corso delle indagini, i Carabinieri hanno accertato che la banda avrebbe tentato un altro furto a inizio aprile in provincia di Verona, ai danni di un bancomat installato all’interno di una casa di cura. Il colpo era fallito per l’intervento tempestivo dei dipendenti, che avevano messo in fuga i malviventi prima dell’arrivo dei militari.
Poche settimane dopo, nella seconda metà di maggio, il gruppo avrebbe invece portato a segno un furto in una banca della Repubblica di San Marino, dove era stata asportata una cassaforte contenente circa 45 mila euro. Il colpo era stato eseguito utilizzando un’auto rubata a Rimini, poi abbandonata. Nelle intercettazioni, gli indagati avevano descritto nei dettagli l’operazione, fornendo elementi che solo i partecipanti diretti potevano conoscere.
GLI ARRESTI E LE PERQUISIZIONI
Valutata la gravità dei fatti e la pericolosità dei soggetti, la Procura di Cremona ha richiesto la misura cautelare in carcere per sette persone. Il Gip ha accolto la richiesta e, nella notte del 6 novembre, alle tre del mattino, è scattata l’operazione congiunta in più province.
Due dei fermati sono stati intercettati in movimento, in provincia di Pescara, e bloccati grazie all’intervento dei Carabinieri di Pescara e Montesilvano.
Durante le perquisizioni a casa degli arrestati e di altri quattro indagati, tutti con precedenti per furti, assalti a bancomat e ricettazione, sono stati sequestrati telefoni cellulari, numerose sim card, radio ricetrasmittenti, due jammer (disturbatori di frequenze), una sega circolare, una marmotta priva di innesco e vari arnesi da scasso. Gli arrestati sono stati condotti nelle carceri di Cremona, Foggia e Pescara.