Chiesa

Vescovo Napolioni: "Auguro a tutti
un Natale che sia sorgente di vita"

Nell'intervista, realizzata dal direttore Simone Arrighi, si evidenziano le iniziative del 2025 della Diocesi di Cremona e le attese per il nuovo anno.

L'intervista al Vescovo di Cremona Monsignor Antonio Napolioni

Come da tradizione, in occasione delle festività natalizie, CR1, Cremonaoggi e OglioPoNews accolgono il Vescovo di Cremona, Monsignor Antonio Napolioni, per una riflessione sull’anno che va a concludersi e un augurio per il 2026. L’intervista è realizzata dal direttore Simone Arrighi.

Il 2025 è stato un anno di profondi cambiamenti, non solo per la diocesi di Cremona ma per l’intera Chiesa universale. La morte di Papa Francesco, il conclave, l’inizio del pontificato di Papa Leone XIV.

“Sono eventi che non definirei soltanto storici, ma fisiologici. Non perché muore un Papa e se ne fa un altro, ma perché la Chiesa è sempre guidata. Noi crediamo nello Spirito Santo che illumina la comunità e le dona continuità nell’ascolto della Parola di Dio e dei segni dei tempi. È bello vedere come questa inquietudine evangelica si trasmetta di Papa in Papa, di stagione in stagione. Impariamo l’alfabeto di Papa Leone XIV e scriviamo con lui, insieme a tutta la Chiesa, nuove pagine di dialogo con il mondo di oggi”.

Quali sono i primi tratti del pontificato di Papa Leone XIV?

“Il suo curriculum parla chiaro: viene dall’Ordine Agostiniano, ha avuto responsabilità di governo, conosce il mondo delle missioni. Io lo definisco, con affetto, un diversamente americano. Avevamo bisogno di continuare a voler bene a un popolo che ha dato tanto alla Chiesa, alla democrazia, alla convivenza tra i popoli. La Chiesa non è in mano a un uomo, ma a Dio, che parla e opera attraverso tutti coloro che camminano insieme. Anche la pazienza che Papa Leone XIV testimonia e ci chiede è preziosa, soprattutto in un tempo di comunicazione frenetica. Fermarsi, leggere per intero, ascoltare davvero aiuta a ritrovare le ragioni della fede, della speranza e dell’impegno sociale”.

Il 2025 è stato un anno giubilare, di pellegrinaggi vissuti intensamente con i giovani.

“Stiamo per partire di nuovo: per il Capodanno accoglieremo con alcuni giovani l’invito della comunità francese di Taizé, un pellegrinaggio di fiducia che ogni anno si svolge in una grande città europea. I giovani ci guidano. Siamo stati sorpresi dalla loro risposta, dal Giubileo dei giovani fino agli adolescenti, che si sono ritrovati proprio nei giorni del funerale di Papa Francesco. Il futuro incalza. I giovani chiedono spazio, respiro, ascolto. Rischiamo di essere una società e una Chiesa che invecchiano, e questo sarebbe il pericolo più grande”.

Giovani e comunità, una sfida continua per la Diocesi di Cremona.

“Mi auguro che le comunità adulte siano centrate su Cristo, capaci di ascoltare il Vangelo e celebrare i sacramenti in modo vitale. Solo così possiamo guardare la realtà con gli occhi di Dio, con un amore più grande del nostro. Ogni persona porta in sé un germoglio di Dio, qualunque sia la sua origine o religione. Non per moda inclusiva, ma per uno sguardo teologico sull’uomo. Cristo si fa carne, tutta la carne umana. E tutto ciò che è umano ci riguarda”.

A fine gennaio saranno trascorsi dieci anni dal suo arrivo a Cremona.

“Non amo celebrare anniversari, preferisco vivere i giorni. Sono stati giorni intensi, segnati da tanta amicizia. Ringrazio il Vescovo Dante, i sacerdoti, le comunità religiose, la gente. Ho sentito una grande accoglienza. Sono un prete di montagna che fa il vescovo di campagna. Un po’ di shock climatico c’è ancora, ma anche tanti vantaggi”.

Una diocesi in cammino, che percorso è stato fatto sinora?

“Abbiamo fatto molte cose. Forse su alcune potevamo fare meglio, soprattutto nell’aiutare i sacerdoti a prendersi cura di sé. Il loro è un ministero oggi sottoposto a grande stress. Le comunità hanno accettato gli avvicendamenti e le unità pastorali. Dopo la fatica iniziale, spesso si è scoperto un guadagno: più volti, più scambio, più fantasia pastorale”.

Cremona guarda sempre più al mondo universitario, con nuovi campus e una presenza studentesca in crescita: un’occasione e una sfida per la città.

“Non esistono università cattoliche e laiche come mondi separati. Esistono culture e sensibilità chiamate al dialogo. Gli studenti devono sentirsi a casa, non solo ospiti. Vengo da Camerino, dove gli studenti erano più degli abitanti. Anche lì c’era il rischio di sfruttarli. Qui, invece, dobbiamo accoglierli come risorsa per il futuro della città”.

Un segno concreto di collaborazione tra Diocesi e territorio è la nascita della comunità energetica rinnovabile.

“Benedico i laici che hanno messo competenza e passione. È un modello di Chiesa che non fa cose per sé, ma aiuta tutti a fare cose belle insieme. Sinodalità significa anche questo:
camminare con i Comuni, le Università, il mondo produttivo. Investire in sostenibilità e condivisione, con attenzione particolare ai più deboli”.

L’augurio di Natale: in chiusura, un pensiero alle fragilità e alla pace.

“Due mesi fa eravamo a Betlemme. Vederla oggi riprendere un po’ di vita ci ricorda quanto desideriamo pace e convivenza tra popoli e religioni. Credere nel principio della pace significa scegliere ogni giorno un regno di giustizia e fraternità. Dalle case di accoglienza alle cucine benefiche, dagli anziani soli ai poveri sotto casa: Betlemme è anche qui. Questo sia un Natale non come parentesi, ma come sorgente di una vita bella e fraterna, come il Signore è venuto a consegnarci”.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...