Un racconto di Giuseppe Vitale
La luce del perdono
Un racconto di Giuseppe Vitale
È notte fonda in quel caldissimo mese di agosto e Anna, ottantaquattrenne ex fruttivendola, si alza dal letto, lasciando dormire suo marito Diego, ottantasette ex operaio.
Da giovane Anna aveva cura del suo viso sempre sorridente e leggermente truccato, del proprio corpo e dei folti capelli neri raccolti in una lunga coda intrecciata e legata con un fiocco rosa che le cadeva sulla spalla sinistra.
Il marito di Anna, Diego: statura alta e robusta, barba e capelli chiari, giovane ribelle dal carattere rabbioso, che nascondeva la sua timidezza…
Una domenica di agosto gli sguardi di Anna e Diego s’incontrarono per caso, sul piazzale antistante alla chiesa, lei con le sue amiche e lui non molto distante, solo, che faceva finta di leggere il giornale.
Diego continuava a guardare Anna, splendida e solare, ma non trovava il coraggio di avvicinarla, poi un inaspettato colpo di vento fece volar via alcune pagine del suo giornale. Anna le raccolse e gliele portò. Da allora tutto si svolse velocemente: la conoscenza, il fidanzamento, il matrimonio.
Caratterialmente diversi, spesso discutevano, e a volte i vicini di casa udivano lei che lo rimproverava di essere irresponsabile e spendaccione.
Era un nebbioso giorno d’autunno quando arrivò quella telefonata dal Pronto Soccorso: «Signor Diego, è crollata una tettoia al mercato ortofrutticolo e sua moglie Anna è rimasta coinvolta, ora sta meglio ma ha perso il bambino… anzi, si trattava di una bambina».
Dopo l’autunno arriva l’inverno e così fu anche per la vita di Anna e Diego. La perdita della loro figlioletta, che avrebbero chiamato Maria, fu un dolore insanabile. L’inverno divenne più freddo e buio, gli anni passarono inesorabili e colmi di tristezza. Dimagriti, con pelle rugosa e capelli bianchi, per Anna sopraggiunse poi la malattia.
Vivere insieme ma in solitudine, tranne quella magnifica settimana del viaggio di nozze, passata nel meraviglioso paesaggio che sbocca sull’Adriatico.
Dopo essersi alzata dal letto Anna, in camicia da notte, si reca in cucina e apre la finestra, accende la radio, prende la scopa e inizia a ballare, il volume è alto. La musica alta sveglia Diego che raggiunge la cucina e, con le braccia lungo i fianchi, stringe i pugni urlando: «Ora basta! Torna a letto!»
Anna continua a ballare, con poca grazia, i suoi lunghi capelli bianchi, non curati, seguono i movimenti dei fianchi mentre le gambe magre faticano a tenere il passo con la musica, le lacrime esprimono il suo grande dolore sulle note di una canzone che parla di mare.
Anna dice con affanno: «Oggi portami a ballare sulla rotonda al mare… siamo in viaggio di nozze, ci siamo sposati ieri, perché non mi hai ancora detto che mi ami?»
Diego sente una stretta al cuore mentre la sua mente rivive in un attimo tutto il passato, abbraccia Anna e la riaccompagna in camera da letto, nel frattempo la musica è terminata.
Diego con fatica sistema Anna a letto e si sdraia accanto a lei, le stringe la mano, e sussurra: «Hai ragione, amore mio. Perdonami per averti trascurata ma sappi che eri, sei e sarai per sempre il mio unico grande amore».
Diego si fa il segno della croce e prega, poi entrambi si addormentano e in poco tempo i loro vecchi corpi diventano freddi, nonostante il gran caldo.
Al sorgere dell’alba, una gran luce illumina i corpi di Diego e Anna; nello stesso istante due sposini – lei sorridente e bellissima con una treccia nera raccolta in un fiocco rosa, lui alto e robusto capelli chiari e barba – mano nella mano raggiungono una bellissima rotonda sul mare.
La luce caccia via le tenebre e illumina la rotonda, ancora deserta, e i due giovani si stringono con passione, nello stesso momento le porte di un locale, ancora chiuso, si aprono e partono le note di una canzone di mare.
Attratti da quella meraviglia entrano, non c’è nessuno, sulla parete laterale un grande quadro con l’immagine di una bellissima bimba in una culla e la scritta Ciao, sono Maria.
La giovane donna, incantata dal sorriso della bimba, pensa: domani devo spostare il mio bancone della frutta al mercato, quella vecchia tettoia sporgente proprio sopra di me non mi lascia tranquilla.
