E’ morto Walter Bonatti, leggenda della montagnaA Cremona sul Po da bambinoiniziò a sognare l’avventura
E’ morto Walter Bonatti, leggenda dell’alpinismo. Scalatore, giornalista e scrittore, Bonatti aveva 81 anni. Era nato a Bergamo nel 1930. Nella sua lunga storia sulle montagne, un capitolo particolare avevano avuto le vicende polemiche seguite alla scalata del K2 nel 1954 con Lacedelli e Compagnoni. Bonatti è morto ieri sera a Roma per un malore improvviso, come riferisce in una nota l’editore Baldini Castoldi Dalai. La salma sarà trasportata a Lecco dove sabato e domenica verrà allestita la camera ardente. Walter Bonatti amava Cremona e il Po. Nei suoi incontri pubblici ricordava come lo spirito di avventura e la voglia di scoprire il mondo gli era venuta proprio qui, sul grande fiume, quando ospite di una zia a Monticelli d’Ongina andava sul Po ed approdava alle boschine dell’altra sponda alla scoperta di spazi sognati sui libri di Salgari. Questa esperienza l’ha raccontata dal vivo qualche anno fa anche in un incontro al Cittanova e in una intervista rilasciata a “Mondo Padano” all’inizio degli anni Ottanta. Ecco quelle sensazioni vissute sul grande fiume come Bonatti le racconta nel suo libro “In terre lontane”, edizioni Baldini e Castoldi.
“Posso dire di aver passato gran parte della mia vita a contatto con le più genuine e forti manifestazioni della natura. Nel clima dell’azione, affrontata il più delle volte in solitudine, sempre comunque restando fuori dalla caotica e ottenebrante quotidianità del sociale, ho sentito spesso il bisogno di interrogarmi, di meditare su varie cose. Prima di tutto sull’estremo bisogno che l’uomo ha di ritornare alla propria dimensione di essere umano, essendone uscito in qualche misura, e sulla necessità che tutti abbiamo di assumere un rispettoso, giusto atteggiamento di fronte alla grandezza e unicità della natura. Questo vorrei riuscire a comunicare attraverso il racconto delle mie esperienze.
Quando si è molto giovani capita di non sapere bene chi si è e che cosa si vuole dalla vita. Indubbiamente però noi tutti disponiamo di un misterioso filo conduttore che prima o poi finirà per farci scegliere ciò che per indole è già latente in noi, e servirà a costruire la nostra personalità. Ero ragazzo e dalla Pianura Padana dove per qualche anno ho vissuto, guardavo la linea azzurrina dei monti lontani sull’orizzonte. E sognavo. Per me quelle cime rappresentavano l’«insormontabile», e tuttavia erano di modesta altezza. Amavo molto starmene per ore intere a fantasticare sulle rive del Po. Là c’erano distese di sabbia e la grande corrente. Nella mia testa ne facevo dei deserti e degli oceani. Quando si è piccoli queste cose sembrano talmente vaste. Abitavo dunque sulla riva emiliana del fiume, e ricordo che per gioco andavo a nuoto con i miei amici sull’altra sponda, quella lombarda, attraverso le difficoltà della grande corrente. Per noi era l’avventura. Seduto su quelle rive sabbiose viaggiavo con il pensiero a cavallo di un pezzo di legno portato dal fiume. Arrivavo così ai mari, all’Est e all’Ovest, e fino agli oceani. Sì, su quelle sabbie sono cresciuto, sognando. Il Po era il mio mare, le sue boscaglie le grandi foreste, e le secche i miei vasti deserti”.