Dopo il passo indietro di Berlusconi, il governo di larghe intese
Caro Direttore,
l’auspicio che avevo fatto qualche giorno fa che Berlusconi facesse un passo per uscire da una situazione insostenibile, si è realizzato con l’annuncio delle dimissioni dopo l’approvazione della legge di stabilità.
In essa saranno contenuti alcuni provvedimenti in linea con gli obiettivi della lettera all’Europa, che per quello che si può vedere ora sono interventi necessari e che vanno in quella direzione, ma ancora lontani dall’essere vere e proprie manovre strutturali e soprattutto di sostegno alla ripresa economica e sociale.
Fortunatamente non c’è stata la paventata prova di forza di presentare una manovra del tutto inaccettabile anche da parte delle forze politiche di opposizione più moderate, che avrebbe portato, in caso di bocciatura ad un esercizio provvisorio del bilancio, o, in caso di approvazione con maggioranze risicate dell’ultima ora, ad un tentativo, da “ercolino sempre in piedi” , di dire che una maggioranza c’è e ritirare l’annuncio di dimissioni.
Si pone quindi la questione di come affrontare i prossimi mesi: sono sempre più convinto che va fatto tutto il possibile perchè non si debba andare ad elezioni anticipate, che possono apparire il modo più lineare per dare la parola agli elettori, ma che comporterebbero un ulteriore elemento di precarietà e di sfiducia nella capacità del paese di uscire dalla crisi, aprendo il campo a nuove e più aggressive operazioni speculative.
Serve invece favorire la convergenza e la corresponsabilizzazione di tutte le forze politiche che vogliono tirare fuori il Paese da questa situazione, ripeto, non un governo tecnico, ma un governo politico, in cui la politica non abdica agli economisti e ai finanzieri, ma guida un percorso doloroso ma necessario per ritornare a crescere.
Occorre soprattutto che i partiti e i parlamentari escano da calcoli prettamente elettorali, perchè questa può essere l’occasione vera per ridefinire un nuovo assetto politico che rispecchia il sentire ed i valori nei quali la stragrande maggioranza del popolo italiano si identifica, coagulando l’impegno intorno al bene esclusivo del Paese appoggiando un governo di larghe intese.
Lo ha dichiarato l’UDC che da sempre ha spinto verso questa soluzione, è aperta una parte del PDL che non subisce i condizionamenti della Lega, si è detto aperto anche il PD, pur con qualche distinguo che nasce più che dal merito, dallo sforzo di non segnare troppo la differenza con SEL e IVR.
E a questo proposito, non sarebbe ora che all’interno del PD si sciogliessero le tante contraddizioni interne e quella componente cattolica, moderata, progressista favorisse la latente implosione interna per contribuire a rafforzare quella componente che crede nel Paese, in una società fondata su valori che mettono al centro la persona, con una visione di Europa che non sia realtà economica ma realtà politica?
Non so come la pensi Casini, ma credo che agli elettori dell’UDC riuscirebbe molto meglio dialogare con il mondo cattolico, liberale e progressista del PD che con Fini.
Contribuire insomma ad uno scenario futuro che veda una grande forza moderata, progressista, ispirata ai principi della dottrina sociale in cui al centro ci sono la persona e la società, contrapposta alla cultura liberalista, aziendalista, consumistica del berlusconismo in cui al centro ci sono l’interesse privato, il mercato e la finanza.
Angelo Zanibelli
Capogruppo UDC Comune di Cremona