Cari banchieri, tirate fuori i soldi!
Cari signori banchieri, fate presto e sganciate sennò quattro aziende su dieci finiranno sul lastrico. Non ci voleva la Cgia di Mestre a dirlo, l’altro giorno, nero su bianco. Basta guardarsi attorno, tendere gli orecchi, cogliere il dispetto che monta in molte imprese, ascoltare il lamento degli artigiani e dei commercianti. Troppi i prestiti negati, troppi gli sportelli del credito chiusi in faccia alle aziende e alle famiglie. Sono 14 anni che marciate come i gamberi, che andate indietro, che ritirate la manina, ma ora state esagerando. Una cinquantina di imprenditori, solo nel Veneto, si sono suicidati. Cinquanta “morti a credito” nel giro di tre anni. L’Istat ha un elenco completo: si parla di 400 persone che si sono tolte la vita tra il 2009 ed il 2010. Un macello. E forse sono pure cifre per difetto. Le storie di sofferenza e disperazione si contano a migliaia. Mi viene in mente quel che scriveva il comasco Cesare Cantù, penna (solida) dell’Ottocento: “il peggio mestiere è quello di non averne alcuno”. Eppure, cari banchieri, i soldi li avete. Il 29 febbraio la Bce ha immesso 139 miliardi di euro (al tasso dell’1%) nel sistema creditizio italiano. Che ne avete fatto? E la prima tranche di 116 miliardi (sempre all’1%)erogata da Francoforte in dicembre, dov’è finita?
Il Governo Monti dovrebbe darsi una mossa, al riguardo. Le competenze non mancano: nella squadra del premier siedono tre ex banchieri – Passera, Ciaccia, Fornero – che vengono da Intesa-San Paolo ed un quarto – Gnudi – che arriva da Unicredit. Un poker d’assi che proviene dai due maggiori istituti italiani. E’ gente del ramo, esperti che conoscono i trucchi della categoria e del mestiere. Ma forse non conoscono più il polso della gente, vivono lontani dal territorio così come certe dirigenze di banche che- dopo aver “assorbito” le piccole – hanno perso i contatti con l’industrialetto, il commerciante, l’artigiano. Ascoltano più Basilea che “noantri”. Sta vincendo la burocrazia, perde il Paese.
E se le imprese piangono, nelle campagne non si ride. Un terzo delle aziende del settore agro-alimentare sono in sofferenza, non sanno come pagare i mutui. Gira e rigira è un pianto generale. Come uscirne? Potenziando il ruolo dei Consorzi Fidi, ben radicati sul territorio; volendo, potrebbero garantire anche il 100% dei prestiti richiesti. Eppoi confidando in un intervento del Governo, dello Stato. Oggi non solo manca il denaro nelle tasche dei consumatori, mancano soldi soprattutto nelle imprese che non vengono pagate dallo Stato pigro e distratto. Secondo uno studio di Abi e Confindustria lo Stato dovrebbe oggi alle aziende qualcosa fra i 70 e i 100 miliardi di euro. Una fortuna.
Ma c’è di peggio. Mediamente lo Stato impiega 180 giorni per pagare una fattura (erano 186 nel 2010); ma ci sono categorie, come i costruttori, che devono aspettare 240 giorni, cioè otto mesi! Gli industriali dei servizi di giorni ne devono aspettare 248. Chi opera nella sanità il minimo di attesa è di dieci mesi. E’ una vergogna. E chi protesta perde i lavori. Cari banchieri, dicono i vecchi nelle nostre campagne: “Attenzione alla furia degli uomini pazienti”. E ognuno è come Dio lo ha fatto, e a volte anche peggio.
Enrico Pirondini
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