Cronaca

Inquinamento Tamoil, i periti del gup: 'Bonifica inadeguata e insufficiente'

“A tutt’oggi la bonifica delle aree delle canottieri non è stata garantita”. E’ una delle conclusioni riportate nella perizia firmata dai tre consulenti nominati dal giudice per l’udienza preliminare Guido Salvini relativamente all’inchiesta “madre” sul presunto avvelenamento della falda acquifera da idrocarburi, causato, per l’accusa, dalla raffineria Tamoil. È un quadro allarmante quello che emerge nelle 368 pagine di perizia consegnate al giudice dal chimico industriale Mauro Sanna, dal chimico Roberto Monguzzi e dal geologo Bruno Grego sui tre quesiti formulati dal magistrato.

I periti hanno rilevato una presenza “significativa” di inquinanti di origine petrolchimica – benzene, altri idrocarburi e mtbe (benzina verde) nella falda superficiale e intermedia all’interno e a valle della Tamoil. “In alcuni casi la concentrazione di benzene è risultata addirittura di mille volte superiore al valore previsto per le acque potabili”. I valori di concentrazione riscontrati per benzene, idrocarburi come toluene e etilbenzene e mtbe “superano i valori massimi stabiliti quale soglia limite per definire un potenziale pericolo per la salute delle persone”. E ancora: “si tratta di valori che indicano una seria compromissione della falda”, valori che “denunciano la presenza di una situazione di rischio igienico sanitario”. Per i consulenti, è certo che le sostanze chimiche  inquinanti riscontrate provengano dalla raffineria Tamoil. “Sono riconducibili in modo univoco ai processi chimici svolti negli anni nello stabilimento petrolchimico”, scrivono gli esperti, per i quali “i risultati degli accertamenti presi in esame, nel loro complesso, dimostrano come la migrazione degli inquinanti attraverso la lisciviazione dei terreni da parte delle acque sotterranee su cui è ubicato lo stabilimento, in atto da tempo, prosegue tuttora”.

Ma da quando il suolo è inquinato ?. Secondo i periti, non è possibile stabilire una data precisa di inizio del fenomeno di inquinamento del suolo, “che in astratto può perciò ricondursi al verificarsi di fenomeni di sversamenti e perdite accidentali e progressive avvenuti nel tempo”. Negli atti dell’inchiesta esiste solo l’autodenuncia di Tamoil del 2001. Quindi “allo stato è possibile assumere questa come data di inizio del verificarsi della contaminazione stessa, o comunque come data in cui è stata accertata e fu denunciata per la prima volta da Tamoil”. I consulenti del gup osservano come la presenza del mtbe nei piezometri per le sue proprie caratteristiche contrasti con la tesi di Tamoil che attribuisce “la contaminazione riscontrata nelle aree golenali occupate dalle società canottieri ai materiali utilizzati per tombare le aree golenali negli anni ‘60.  E questo non solo perché l’ mtbe  ha la caratteristica di essere estremamente solubile nell’acqua (è circa 25 volte più solubile del benzene), ma anche perché è molto mobile e maggiormente soggetto alla dispersione, in particolare sotto l’azione del flusso sotterraneo di falda, al trascinamento e al dilavamento”. Per tali caratteristiche, i periti concludono che per tale sostanza vi è una “impossibilità fisica a permanere in un’area interessata da scorrimento e percolazione di acque per un periodo di 50 anni”.

Nel 2007, quando è scoppiata l’inchiesta, la raffineria cremonese ha compiuto un intervento di messa in sicurezza consistito nella realizzazione della barriera idraulica. Nelle aree esterne è stato attivato un sistema di pompaggio e ancora successivamente un sistema di aspirazione dei vapori in seguito alla presenza di gas da idrocarburi trovati in alcuni edifici del Cral Tamoil. Tutti questi interventi, però, a parere dei consulenti, hanno avuto “effetti del tutto inadeguati e insufficienti”. Nella perizia si riportano anche i risultati degli ultimi accertamenti disponibili agli atti, e cioè le analisi che l’Arpa ha effettuato il 5 maggio del 2010 e il 6 aprile del 2011. Dai risultati emerge che “nelle acque sotterranee poste nella prima falda superficiale e in misura minore nella falda intermedia, sia all’interno dello stabilimento Tamoil che nelle aree esterne di pertinenza delle società canottieri è presente una significativa contaminazione”. I periti osservano anche che “la comparazione tra gli inquinanti riscontrati in tempi recenti e quelli riscontrati in passato conferma la presenza continuativa e mai del tutto eliminata di contaminanti nelle aree canottieri. La situazione accertata è ancora più grave se si considera che gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza devono essere attuati tempestivamente, diversamente da quelli messi in atto che sono in corso da più di 12 anni.

Per quanto riguarda specificatamente e direttamente il suolo, non risulta che sia stata posta in atto alcuna misura relativa alla sua messa in sicurezza di urgenza per rimuovere totalmente, salvo limitate aree, le fonti inquinanti”. La contaminazione riscontrata nella falda superficiale e intermedia delle aree canottieri, per i periti, è da ricondurre “alle sorgenti puntuali e areali poste all’interno dello stesso stabilimento, mai precisamente individuate e nè oggetto specifico di bonifica. Pertanto anche gli interventi riportati come piano di azione relativamente alla falda sotterranea, a conclusione dell’analisi di rischio presentata da Tamoil per le aree esterne allo stabilimento, non sono da considerarsi conformi a quanto previsto dalla normativa”.

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