Cronaca

Processo Tamoil, in aula il 3 gennaio gli ex dipendenti della raffineria

Nella foto, il giudice Salvini

C’è attesa, il prossimo 3 gennaio, per sentire le testimonianze in aula degli ex dipendenti Tamoil, le cui dichiarazioni, raccolte nell’ambito di una più recente indagine aperta nell’ottobre di quest’anno in seguito ad un esposto anonimo, avrebbero fatto tremare la dirigenza Tamoil che sarebbe stata al corrente dell’inquinamento. Il colpo di scena è emerso nel corso dell’ultima udienza sul processo madre che si celebra con rito abbreviato davanti al giudice Guido Salvini per quanto riguarda proprio il filone principale, quello sulla contaminazione del suolo e della falda acquifera, causate, per l’accusa, dalla raffineria cremonese.

Il 3 gennaio in aula saranno sentiti John Kemp e Luigi Tomaselli, quest’ultimo dipendente di una ditta esterna, mentre nell’udienza successiva, ancora da fissare, renderanno la propria testimonianza gli ex dipendenti Tamoil Piergiuseppe Savaresi e Lucio Ambrosio. Il giudice aveva poi chiesto la disponibilità ad acquisire i verbali di altri ex lavoratori. Secondo gli ex dipendenti, ma anche secondo alcuni dirigenti, i vari direttori e l’amministratore delegato libico di Tamoil sarebbero stati a conoscenza dell’inquinamento in corso che sarebbe stato provocato dalla rete fognaria “colabrodo” della raffineria.  Rivelazioni clamorose che il magistrato, su richiesta del pm Fabio Saponara, ha fatto entrare nel fascicolo del processo madre. Si tratta di un carteggio di 1.800 pagine e di una trentina di dvd con i filmati della rete fognaria. “Quanto prodotto”, secondo il giudice, “appare di considerevole rilievo e potenzialmente necessario per la decisione, con particolare riferimento alla provenienza degli idrocarburi penetrati nel suolo e nella falda”. Dunque dalle nuove testimonianze emergerebbe uno scenario inquietante, confermato anche dal  materiale trovato presso le ditte esterne che hanno fatto lavori per Tamoil.

Dal 2002 al 2005 Tamoil aveva incaricato una ditta esterna di effettuare operazioni di manutenzione sui tubi per renderli impermeabili, ma questi interventi di bonifica sarebbero stati compiuti solo in alcuni punti e in modo sporadico. Solo nel periodo 2005 2006, grazie alla direzione dell’ingegner Claudio Vinciguerra, la bonifica aveva avuto un impulso, con appalti a ditte esterne e con lavori più diffusi e sistematici. Nella primavera del 2006, però, con la morte di Vinciguerra, le operazioni di bonifica si erano interrotte, per riprendere solo nel 2007 grazie al pressing mediatico scatenato dall’indagine.

Gli ex dipendenti, quindi, non avendo più nulla da perdere, hanno parlato, mentre per la difesa di Tamoil, che a lungo ha battagliato per non acquisire la nuova documentazione, si tratta di persone con il dente avvelenato perché licenziate o perché hanno interrotto il rapporto di lavoro. Una volta sentite le quattro testimonianze, entro gennaio il processo madre di Tamoil dovrebbe arrivare a sentenza.

Imputati sono i manager Mohamed Saleh Abulaiha, Ness Yammine, Enrico Gilberti, Giuliano Guerrino Billi e Pierluigi Colombo. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Gian Pietro Gennari, Claudio Tampelli, Marcello Lattari, Alessio Romanelli e Vito Castelli.

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