Unioni civili, il regolamento discrimina le coppie etero
Ancilla e Pacifico sono due fratelli zitelli che, legati da un forte affetto, vivono insieme da molti anni, nella casetta di campagna ereditata dai genitori, mettendo in comune le proprie modeste risorse: la pensione da operaio di Pacifico e la pensione sociale di Ancilla. Pacifico, essendo la sorella in buona salute (non invalida), non ha diritto all’assegno familiare. E Ancilla, in caso di morte del fratello non avrà diritto a percepire la pensione di reversibilità.
Ancilla e Pacifico sanno che lo stato sociale non si cura di loro, ma vivono contenti del loro poco e del loro affetto, quando un giorno vengono a sapere che il Comune avrebbe approvato un regolamento sulle unioni civili, che consente alle coppie legate da vincoli affettivi di beneficiare di tutte le provvidenze civili e sociali. Pacifico è contento perché pensa che anche la sua Ancilla potrà godere alla sua morte di una quota della sua pensione, evitando di cadere in miseria. Anche Ancilla è contenta, pensando che con l’assegno familiare potrà impinguare il magro bilancio familiare.
Contenti, Ancilla e Pacifico si recano in Comune per avere spiegazioni, ma li aspetta una brutta delusione. Il regolamento in effetti c’è e prevede che le coppie – anche dello stesso sesso – legate da “vincoli affettivi” potranno diventare una “unione civile” e godere dei diritti dello stato sociale, a condizione però che non siano legati da “vincoli di parentela”.
Ancilla e Pacifico non sanno darsi una ragione di questa discriminazione. Ancilla ha accudito il fratello più giovane fin da piccolo e ha poi gestito la casa comune; Pacifico ha provveduto al sostentamento di entrambi; i due fratelli si sono assistiti nelle malattie e nelle necessità della vita. Perché mai il loro “vincolo affettivo” non deve essere meritevole di tutela?!
I due fratelli si rivolgono a un amico istruito, il quale gli spiega che il regolamento del Comune usa la parola “affetto” in modo del tutto particolare. Infatti, secondo i dizionari da lui consultati, “affetto” è un “sentimento”, o un “attaccamento a una persona”, o un “sentimento d’amore privo di pulsioni sessuali”. Invece, con la sua interpretazione, il regolamento del comune ha inteso mettere alla base dell’affetto proprio la pulsione sessuale, limitando le sue norme alle coppie etero e omosessuali non legate da affetti parentali.
L’amico istruito spiega che il regolamento del Comune sulle unioni civili è uno stratagemma che, per il momento, serve solo a far contente le coppie omosessuali, in quanto mancando una legge statale sulla materia ha scarso valore. E anche quando una legge fosse approvata, resterebbe uno stratagemma, diretto a elargire alle coppie omosessuali i benefici dello stato sociale, considerato che le coppie eterosessuali potevano e possono ottenere migliori effetti con un matrimonio civile. Senza alcun riguardo per le persone come loro – Ancilla e Pacifico – che hanno impostato la loro vita su un solido vincolo affettivo, pur privo di pulsioni sessuali.
L’amico istruito gli ha anche spiegato che – se anche andasse così – si può ancora sperare in qualche sentenza di Corti superiori, come quella Costituzionale italiana o quella Europea sui diritti umani, che eccepiscano la discriminazione operata dal legislatore in danno dei soggetti conviventi legati da rapporti affettivi non sessuali.
Ancilla e Pacifico non sembrano convinti, fan fatica capire i ragionamenti dell’amico istruito. Tornano delusi alla loro casetta, dove si rifugiano nello scudo protettivo del loro affetto parentale.
Giuseppe Pelli