Via XI febbraio: viabilità problema da sempre, anche quando si chiamava Gonzaga
La cronaca degli ultimi mesi offre lo spunto ad un appassionato di storia locale, Maurizio Mollica, per riaprire le pagine del sacerdote cremonese Angelo Grandi che a metà 800 rilevava quanto fosse difficoltosa la viabilità nel quartiere della 'Mosa'
A pochi giorni dall’inizio delle scuole, residenti, comune e rappresentanti dell’istituto Sacra Famiglia torneranno ad incontrarsi, giovedì 7 settembre, per prendere atto della decisione finale in merito alla travagliata questione dell’ingresso alle scuole. Tramontata ormai l’ipotesi (su cui a inizio estate sembrava esserci stata un’apertura da parte delle suore) di una nuova porta nel muro che separa la parte scolastica dal parcheggio di via S.Maria in Betlem, l’unica soluzione per alleviare il disagio degli utenti sarà la chiusura al traffico della via in alcune fasce orarie, sicuramente non al mattino. Verranno inoltre installati dissuasori alla sosta selvaggia e a protezione della pista ciclabile. Ma il problema della viabilità in questo comparto cittadino non è solo cosa dei nostri tempi. Anche se nell’800 non c’erano auto né scuole in quella che all’epoca si chiamava via Gonzaga, le cronache tramandano di grosse difficoltà di spostamento in quel comparto cittadino caratterizzato dalle tre vie in discesa che si diramano a raggiera dall’attuale via Platina, inframmezzate da rigogliosi orti oggi nascosti alla vista e perlopiù trasformati in giardini.
A dare lo spunto per questo aggancio col passato è un appassionato di storia, topografia e toponomastica di Cremona medioevale, Maurizio Mollica, che da qualche anno sta raccogliendo documenti – alcuni noti, altri meno – su come la città si è trasformata nel corso del tempo, dall’alto medioevo al XX secolo.
“Il problema della viabilità in via XI Febbraio – ci spiega – che tanto occupa la cronaca locale con diverse prese di posizione di residenti e amministrazione, era in qualche modo già presente negli anni del Risorgimento e dell’Unità di Italia. Se ne apprende la piena forma da uno scritto di Angelo Grandi, sacerdote di Cremona nel 1850. Il Grandi cita i civici delle Contrade del suo tempo che sono presumibilmente i civici della Pianta Marchetti del 1852 (Nuova Pianta della Regia Città di Cremona).
Comparando lo scritto (1859) e la Pianta (1852) ecco che prendono forma luoghi e spazi della città di 200 anni fa.
Ecco la quindi la descrizione della zona detta Gonzaga, ora via XI Febbraio: ‘Quasi rimpetto la demolita chiesa al civico 2174 (Santa Maria in Betlem – ora ex Caserma del Diavolo, ndr) vedesi il quartiere nuovo per la cavalleria.
Retrocedendo alquanto eccoci la spaziosa e lunga Contrada Gonzaga che misura 500 metri.
Trovavasi cionullamente in una parte della città non troppo salubre per il suo piano assai depresso, in modo che nelle massime alluvione del Po, le acque coprono la via per un buon terzo.
Si può per altro asserire che di presente, meno ancor per lo avvenire, non sarà più soggetta a siffatto sconcio, verificatosi essendo che il fiume va ognora più scostandosi dalla città e così pure le acque pluviali e correnti che per entro i canali coperti della parte superiore di essa città hanno uno sfogo più pronto per defluire fuori delle mura.
Quanto assai più bella apparirà questa contrada allorchè si sarà effettuato il bellissimo progetto già stabilito di lastricare ne suoi marciapiedi e nel pian rotatojo.
Se si avesse anche a ridurre a tutto rettifilo sino alla porta Mosa, che magnifica vista a vederla allora dall’una o dall’altra delle sue estremità!”
Dunque si trattava di una zona molto umida e insalubre (da qui il toponimo ‘La Mosa’ riportato nelle carte per l’area tra le attuali vie Manini e corso XX settembre) ma ricca di potenzialità, seppure con un problema già allora evidente: la mancanza di collegamenti trasversali tra le strade a raggiera.
‘Sarebbe parimenti di molto vantaggio – continuava infatti il Grandi – se alla sua metà circa si avesse ad aprire a destra ed a manca una contrada, che dalla una parte mettesse alla Contrada del Mercato delle Bestie (via Manini, ndr) e dalla altra comunicasse colle Contrade del Prato (via Bonomelli, ndr) e di San Gallo (corso XX Settembre, ndr).
Che comodo presterebbe a questa parte di cittadini che necessitandoli trasferirsi all’una o altre porte Po, Margherita (porta Romana, ndr) o di Ognissanti (porta Venezia, ndr) convien che ora soffrano il disagio per ben un terzo e più di cammino’.
“Il problema – evidenzia Mollica – era quindi già noto in quella parte della città rubata più di mille anni prima alla ritirata del Po da via Platina, lasciata in discesa come terra fertile dei Vescovi, poi lottizzata per case signorili e Giardini tutt’ora visibili. Solo alcuni anni dopo, durante la demolizione di San Domenico (1870) si narra che il materiale edilizio, trainato da carretti e cavalli, venisse portato in tale zona per colmare dislivelli ancora a rischio di esondazioni del Po o per colmare le fosse che, in caso di esondazione stessa, rigurgitavano le acque reflue provenienti dalla zona alta della città.
Tali fosse erano tutte tra le Contrade Gonzaga e Prati del Vescovo (Vie XI Febbraio e Bonomelli) e si chiamavano Fossa dei Preti, Fossa Gonzaga, Fossa Episcopi e che unitamente al Marchionis, scaricavano acqua lungo la Fossa che circondava le mura ora di Via Pedone.
Il fossatum Gonzaghae viene citato già nel 1200 e la via era detta ‘Gunsaga’ fino al dopoguerra sebbene il nuovo toponimo 11 febbraio venne deciso nel 1930 all’indomani dei Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929”.
g.biagi