Marco Zani, stamattina i rilievi del RIS: la casa ispezionata palmo a palmo
PONTETERRA – Due mazzetti di fiori, e un cero. Messi a ricordare Marco Zani, morto molto probabilmente a causa dei fumi respirati durante l’incendio di casa sua. Questa mattina, poco prima delle 11, sono arrivati gli uomini del RIS da Parma, insieme ai vigili del fuoco, per i rilievi approfonditi nella villetta a schiera. Oltre a loro, presenti sul luogo, il colonnello del Comando Carabinieri di Mantova, il comandante della stradale di Casalmaggiore Gaspare Liuzza, l’aliquota operativa e il radio mobile di Viadana ed una pattuglia di carabinieri di Cogozzo, oltre all’avvocato Storti, in rappresentanza della moglie e mamma di Marco.
Lui stesso ha raccontato di come la violenza andasse avanti da tempo, ed in maniera reiterata, di come qualche giorno prima della tragedia avesse chiesto invano il cambio delle serrature della casa.
Le accuse nei confronti del padre sono pesanti. Gianfranco Zani non accettava quella separazione e si era già in passato mostrato violento ed aggressivo nei confronti dei suoi familiari. Tanto aggressivo che la famiglia aveva dovuto ricorrere all’ospedale. Non era stata solo la moglie vittima dell’aggressione, ma anche i figli ne avevano subito le conseguenze. La moglie lo ha raccontato stamattina a Mattino 5.
“Alle quattro siamo partiti con la macchina per portare il grande all’oratorio a Cicognara e Marco ha detto che non voleva venire con noi perché giocava al videogioco in pace nella sua cameretta, perché tanto io sarei tornata a casa dopo 10 minuti. Nel tornare a casa ho visto il furgone di mio marito che usciva col furgone e andava via. L’ho incrociato mentre veniva incontro alla mia macchina col suo furgone ma l’ho schivato. A quel punto ho accelerato perché mi sono spaventata, ho accelerato per andare a casa. Mi sono fermata davanti al cancello per aprire ed entrare. E lui è arrivato lì sparato col furgone, io mi sono spaventata perché è andato contro la mia macchina. All’inizio ha accelerato forte e io mi sono spaventata ed ho gridato ‘Oddio il bambino’. L’ho tirato via dalla macchina. Lui si è fermato e poi è andato contro alla mia macchina e poi è scappato via. Io sono entrata dentro il cancello e poi ho chiuso tutto. Poi ho chiamato i carabinieri per segnalare che lui aveva l’allontanamento ed è venuto lì e mi ha rotto la macchina. Intanto che stavo parlando con i carabinieri mi sono accorta del fumo che veniva dalla casa ed allora ho detto ai miei figli correte che sta bruciando la casa, mio marito mi aveva minacciato che avrebbe bruciato la casa con noi dentro, e avevo detto anche ai carabinieri che mi minacciava di morte, che brucerà la casa. Ho chiamato i carabinieri tantissime volte. Sono corsa al piano di sopra ma non riuscivo ad arrivare dentro, non riuscivo ad arrivare alla cameretta di Marco, non riuscivo ad arrivare perché era tutto caduto, non so se una trave o un armadio. C’era buio e non si vedeva niente. Sono scesa un attimo per prendere fiato, non si respirava. Sono tornata su una seconda volta ma non si riusciva ad entrare, non si riusciva ne a respirare ne ad andare avanti. L’hanno tirato fuori tre quarti d’ora dopo ma ormai… c’erano quattro camion dei vigili del fuoco, i carabinieri, l’ambulanza. Lui era nella sua cameretta, magari non se ne è neanche accorto, o magari mi chiamava e io non c’ero, non lo so”.
Si è parlato anche di una testimonianza di un’amica della mamma, la quale avrebbe raccontato come il papà fosse particolarmente risentito proprio con Marco, il più ‘ribelle’ dei tre. Naturalmente al momento sono solo voci che di per se non costituiscono prova. Ieri sarebbe stato anche emesso un mandato per maltrattamenti nei confronti di Gianfranco Zani. Nel caso in cui il Giudice non convalidasse il fermo, ci si potrebbe comunque appellare a quest’ultima accusa nei suoi confronti per tenerlo in carcere.
Gianfranco Zani ha negato di essere entrato in casa sua, ammettendo solo di essere stato fuori dalla villetta con il suo furgone. Stamattina a Cremona è stato interrogato ed ha continuato a mantenere la sua versione. Dopo l’ultima aggressione, del 6 novembre scorso, Silvia aveva chiesto di poter cambiare le serrature di quella casa, che era ancora la casa del marito. Il giudice però aveva deciso che l’ordine di mantenere 100 metri di distanza dalla sua ex famiglia sarebbe potuto bastare.
I rilievi intanto proseguono e proseguiranno ad oltranza sino a che ogni minimo particolare sarà verificato. Servono le prove oggettive di quel che è successo per una ricostruzione dettagliata dei fatti.
N.C.