Emergenza Covid, impatto devastante sulle imprese industriali: il 40% in sofferenza
Il 40% delle imprese industriali cremonesi è andato in sofferenza a causa dell’emergenza Covid. Questo quanto emerge da un approfondimento di Unioncamere Lombardia, che in occasione dell’indagine congiunturale del primo trimestre 2020 ha dedicato un focus agli effetti economici dell’epidemia.
“La scarsa numerosità del campione provinciale (64 imprese) non permette di dettagliare i risultati dell’indagine per attività economica, ma dà comunque un’idea dell’impatto della pandemia sul tessuto produttivo cremonese e delle prospettive nell’immediato futuro” fa sapere l’associazione.
Il 95% delle imprese industriali cremonesi che ha risposto al questionario “erano attive e l’84% del totale ha dichiarato di aver subito impatti di tipo economico ed il 72% di tipo organizzativo” si legge nel report. Riguardo alla natura delle conseguenze, per quasi un’impresa su due “l’aspetto più penalizzante è stato il ridimensionamento degli ordinativi, seguito dalla limitazione imposta all’attività (per il 20%) e, per un’impresa su dieci, la carenza di liquidità e le ripercussioni sulle catene di approvvigionamento”.
Gli ordini acquisiti da febbraio in avanti “sono stati dichiarati in diminuzione per oltre l’80% delle industrie cremonesi e la stessa quota di aziende ha denotato, nello stesso periodo, un calo del fatturato”. La produzione, calata complessivamente del 8,6% rispetto all’anno prima, “ha comportato una modifica della struttura organizzativa per il 60% delle imprese e delle modalità di approvvigionamento per poco meno di un’azienda su due. Le industrie cremonesi hanno reagito al calo produttivo in massima parte (68%) riducendo l’attività e solo in minima parte convertendola (2%); il 6% ha dichiarato di aver potuto aumentare la produzione”.
Le imprese in sofferenza, scrive ancora Unioncamere, “stanno incontrando crescenti problemi finanziari e di liquidità, a causa dei consistenti cali di fatturato e del blocco delle attività”.
Le strategie di ripresa per diverse imprese hanno previsto la necessità di rivedere la propria attività a ricercare nuovi sentieri di sviluppo. In questo in massima parte si è trattato della “ricerca di nuovi clienti, per il 73% delle imprese, ma tre aziende su dieci puntano ad una diversa organizzazione del lavoro ed il 20% mira all’innovazione, cercando di creare nuovi prodotti e/o nuovi servizi”.
L’impatto sulla catena di fornitura, rilevato da quasi otto imprese su dieci, “ha causato pesanti disagi soprattutto a causa dei rallentamenti intervenuti (61%), mentre interruzioni vere e proprie sono state dichiarate dal 40% delle industrie cremonesi”.
La pandemia ha costretto le imprese a rivedere anche la propria organizzazione ed a valutare una serie di soluzioni possibili nella gestione del personale. “Si è registrato, per il 56% delle imprese, un ampio ricorso, anche se in molti casi a livello solo sperimentale o temporaneo, al lavoro agile (smart working) per tutte quelle funzioni aziendali che lo consentono e che non richiedono la presenza fisica mentre il 77% delle aziende ha dovuto ricorrere alla Cassa Integrazione Guadagni per tutelare i propri dipendenti, il 14% ha posticipato o cancellato le assunzioni previste, l’8% ha ridotto o ridurrà l’organico, ed il 6% non rinnoverà i contratti in scadenza”.
Riguardo alle previsioni per il futuro, si riscontra un generale atteggiamento positivo rispetto alla capacità di proseguimento dell’attività: “nessuna impresa ha dischiarato di voler cessare la produzione” sottolinea ancora il report. “Preoccupante è la previsione sulla capacità di recupero delle eventuali perdite, che potrebbe richiedere più di un anno (31%) o forse non essere mai del tutto recuperate (30%)”.
“La nostra provincia è una di quelle più colpite dall’epidemia anche da un punto di vista economico, e i risultati sia dell’indagine congiunturale che dell’indagine sugli effetti del Covid-19 sulla nostra struttura produttiva lo evidenziano drammaticamente” evidenzia il presidente della Camera di Commercio di Cremona, Gian Domenico Auricchio. “Come Camera, oltre a continuare ad assicurare tutti i servizi durante il lockdown, grazie all’Accordo per lo sviluppo economico e la competitività del sistema lombardo, abbiamo mobilitato importanti risorse a favore delle nostre imprese, per supportarne fattivamente la ripartenza, con bandi volti ad abbattere il costo degli interessi delle operazioni di finanziamento e iniziative volte ad abbattere le spese necessarie a ripartire in sicurezza e a favorire gli investimenti in tecnologie digitali.
Questi sono però interventi di “primo soccorso”, che dovranno necessariamente essere seguiti da interventi di più ampio respiro: per garantire la ripartenza delle nostre imprese e la tenuta del nostro sistema sociale, è fondamentale sostenere la liquidità delle imprese attuare interventi pubblici che favoriscano la ripresa della domanda.
Servono interventi in grado di stimolare i consumi dei privatie servono investimenti pubblici. Servono investimenti sulla nostra rete autostradale e stradale, sulla sistemazione dei ponti sul Po, sulla rete ferroviaria: sono anni che tutti gli enti pubblici e le Parti sociali segnalano questa emergenza che ora diventa ineludibile.
Servono investimenti tecnologici: l’emergenza legata al Covid-19 ha reso indispensabile l’utilizzo di tecnologie informatiche ma questo ha evidenziato la carenza di reti tecnologiche efficienti su buona parte del nostro territorio, e il conseguente rischio di un’ulteriore marginalità.
Ci aspetta una nuova stagione, che sarà sicuramente difficile e complessa, ma che sta a noi affrontare, con l’orgoglio di un territorio che, se pur martoriato dall’epidemia, vuole ripartire, e deve essere aiutato a farlo con gli interventi infrastrutturali necessari, perché gli effetti della pandemia sui bilanci aziendali non si ripercuotano in modo devastante sull’occupazione e quindi sulla tenuta sociale”.