Installazioni e nuovi percorsi tra Cremona e il fiume: dal Politecnico 18 idee 'green'

Il paesaggio cremonese al centro dei progetti elaborati da 168 studenti provenienti da tutto il mondo, dottorandi del corso di laurea magistrale in Sustainable Architecture and Landscape Design del Politecnico di Milano, polo di Piacenza. Il corso, tenuto dai professori Alessandro Bianchi e Giovanna Sona, si è concluso giovedì scorso con la presentazione in videoconferenza degli elaborati realizzati dagli studenti.
Suddivisi in 18 gruppi con una media di 9 persone per gruppo, i ragazzi hanno lavorato a distanza, mettendo insieme idee per migliorare e preservare il verde attorno a Cremona, partendo dalla valorizzazione degli elementi storici.
Un lavoro accademico che verrà proposto al Comune di Cremona e potrebbe servire come catalizzatore del Piano del Verde su cui l’amministrazione Galimberti ha più volte detto di voler lavorare. A questo scopo sono in corso contatti con l’assessore al Verde Rodolfo Bona, per l’allestimento di un’esposizione dei progetti in città la prossima primavera, pandemia permettendo. Già pronti, presso la sede piacentina dell’Ateneo, 36 pannelli con le tavole e 18 depliant illustrativi dei lavori.
Gli studenti sono partiti dallo studio dell’evoluzione del paesaggio cremonese per ideare nuove connessioni tra centro città e la sua ‘cintura verde’, in particolare l’area del parco del Po e del Morbasco.
Ma hanno anche trattato il tema del recupero delle cascine, citando ad esempio la cascina e la lanca Bosconello, immaginando elementi di arredo urbano che rendano più piacevole il percorso a fini turistici o di svago.
Il parco del Po è diventato ad esempio luogo di installazioni che si sviluppano a spirale sugli alberi; la lanca Livrini, da anni in completo stato di abbandono e su cui qualche tempo fa era stato proposto al Comune il progetto per un porticciolo turistico, diventa un’ansa attorno alla quale collocare gazebo e panchine, riqualificando la passeggiata; vengono valorizzate le piste ciclabili con installazioni che invitano alla sosta e allo sguardo sul paesaggio.
“Abbiamo lavorato sulle reti”, afferma il professor Bianchi.
“Da Cremona centro al Po e la rete della green belt. Sono percorsi che diventano interessanti se si trovano dei nodi”, ossia dei punti di attrazione, “che possono essere anche le cascine, tenendo conto però della varietà, non si può fare di tutte le cascine un ristorante e un museo. E’ necessaria fantasia per mettere insieme interessi locali, sostenibilità economica e il ripristino di un paesaggio che sia salutare”.
Studenti da tutto il mondo: indiani, pakistani, cinesi, africani, anche qualche europeo e italiano, seppure in misura minore. “Non ho visto approcci differenti – continua il professore – l’approccio e il metodo lo abbiamo fornito noi insegnanti nelle lezioni frontali – ma ho visto fantasie differenti.
Auando si arriva da luoghi diversi si hanno formazioni diverse. Ad esempio se gli studenti provengono da un luogo dove l’inquinamento è fondamentale si concentrano di più su quell’aspetto; se vengono da luoghi storici sono più interessati all’interpretazione dell’iconografia. Abbiamo visto un interessante multiculturalismo”.
“Credo che siano lavori interessanti perché affrontano il problema da una molteplicità di punti di vista. A cominciare da un punto di vista storico, tentando di ripristinare un’idea di paesaggio che era propria del cremonese: abbiamo lavorato anche sulla pittura e sulla storia locale, con un’attenzione ai problemi che sono quelli propri dell’ambiente.
Paesaggio e ambiente vanno a braccetto, ma non sono la stessa cosa. Se parlare di ambiente porta con sé il concetto di preservarne lo stato di salute, il paesaggio deve considerare anche valutazioni estetiche valorizzando le caratteristiche locali, proprie delle popolazioni che abitano e hanno abitato un determinato luogo, trasformandolo.
In questo momento storico è più che mai importante pensare di vivere in luoghi meno affollati delle grandi città, pensiamo ai cambiamenti climatici o, nostro malgrado, alla diffusione di patologie: tutto ciò porta alla necessità di studiare un modello nuovo di vivere l’ambiente e il paesaggio. E la provincia ha recuperato un suo ruolo”.
Giuliana Biagi
ALCUNI DEI LAVORI PROPOSTI