Ambiente

Tamoil, tensione in Osservatorio tra Bissolati e Comune: no a richiesta nuovo procedimento

Tre ore abbondanti di confronto nel primo Osservatorio Tamoil convocato dopo oltre due anni dal precedente, dall’assessore all’Ambiente Simona Pasquali, nel pomeriggio di oggi 2 febbraio in videoconferenza. Per la prima volta, una dialettica pubblica tra le principali parti coinvolte: Comune, canottieri Bissolati e  Tamoil, il primo come responsabile del procedimento amministrativo che sta alla base delle operazioni di ripristino in corso; la seconda come parte civile nel processo che ha visto la condanna per disastro ambientale colposo del manager Enrico Gilberti (ora in pensione) e che ora chiede tempi certi e soprattutto garanzie sul ripristino dei propri terreni.

Duro lo scontro tra i rappresentanti  della canottieri (il presidente Maurilio Segalini e i legali Gian Pietro Gennari e Claudio Tampelli) e la Tamoil, rappresentata dal responsabile del deposito cremonese, Enrico Garavaglia: chiesto l’annullamento del procedimento in corso, basato su un’analisi di rischio e un piano di caratterizzazione effettuato prima che la vicenda processuale fosse conclusa e in base alla quale, con il suggello della Cassazione, la Tamoil è stata ritenuta la causa dell’inquinamento delle aree rivierasche.

Scarica qui la richiesta formulata dai Radicali e dagli ambientalisti dell’Osservatorio

“Questo procedimento – ha detto Gennari – si basa su un presupposto errato: che Tamoil non fosse responsabile dell’inquinamento aree esterne; e che l’inquinamento Bissolati dipendesse dagli scarti di lavorazione impiegati per riempire le lanche.

Per questo i punti di prelievo sono stati collocati  a sud della Bissolati, verso il fiume, e non a monte, ossia nell’area più a ridosso della raffineria. Ci sono quattro sentenze che confermano la responsabilità della Tamoil nell’inquinamento. Senza contare che la perizia del 2013 ha stabilito che la barriera idraulica non tiene, continua a far fuoriuscire idrocarburi”.

Una versione confermata sul piano tecnico dal geologo Gianni Porto incaricato dai legali della Bissolati di eseguire, dal 2019 ad oggi, un monitoraggio integrativo a quello condotto da Tamoil e validato da Arpa. Una rete costituita da 2 piezometri da 15 metri; tre sonde soil gas  che misurano le presenza di gas intrappolato nel terreno a 2 e a 5 metri; 10 campioni di suolo, 6 di acqua. “Per i vapori abbiamo installato una misurazione in continuo”, molto più affidabile, ha detto il geologo, rispetto  ad un “campionamento random semestrale e in determinati orari, che può portarci a considerazioni non proprio esatte”. Sono state rilevate elevate concentrazioni di composti organici volatili che a parere del tecnico indicano “la presenza di sostanza attiva”. Non a caso, proprio in quella zona (il campo di basket), “il piezometro ha rilevato sostanza surnatante che arriva fino a 60 – 70 cm di spessore durante l’anno e che varia a seconda delle condizioni idrogeologiche.
La criticità è che la presenza di questo surnatante, nel piano di ripristino, non è stato considerato come effetto dell’uscita di prodotto dalla raffineria, ma come fatto endogeno della società”.

I dati di questo monitoraggio ‘in proprio’ erano già stati sottoposti ai tecnici del Comune mesi fa, erano stati valutati, ma non hanno portato alle conclusioni auspicate dalla canottieri. Come ha spiegato  la funzionaria Cinzia Vuoto, responsabile  del servizio Ecologia del Comune, “noi riavvieremo procedimento se ci saranno dei riscontri per i quali quello che si sta facendo non va bene. Ricordiamoci che le modalità con cui stiamo procedendo erano state condivise anche dalla Bissolati. Ci avete inviato le indagini integrative, le abbiamo valutate e concluso che ciò che avete presentato non inficiava ciò che stavamo facendo. Se emergessero altri riscontri siamo disponibili a prenderli in considerazione”.

“L’analisi di rischio – ha poi aggiunto Vuoto – tiene conto anche della fruizione dell’area: si è avvalsa di modelli matematici più che validi che ci hanno portato a quelle conclusioni: il piano di intervento è ancora valido, e risponde alla necessità di trattare le matrici ambientali tenendole sotto controllo”.

Non c’è rischio sanitario per i frequentatori della Bissolati: questo il concetto più volte ribadito dal Comune con il supporto dell’Ats..

Sul fronte Tamoil non erano presenti legali, circostanza sottolineata dal responsabile dell’impianto cremonese ingegner Garavaglia, supportato sul piano degli interventi di ripristino ambientale dal tecnico Francesca Motta: “Questa mi è sembrata un’arringa, ma io non ho qui gli avvocati.

La caratterizzazione è un dato oggettivo da cui partono i procedimenti e Tamoil sta attuando gli impegni previsti dalla legge” , sintetizzati nell’atto firmato nel 2011 presso il ministero dell’Economia per cui l’azienda si impegnava ad una bonifica (poi trasformata in messa in sicurezza operativa) per l’area interna e a un ripristino ambientale per quella esterna, con la specifica che questo non costituiva ammissione di responsabilità. “Le responsabilità – ha aggiunto Garavaglia – non mutano i dati tecnici che noi siamo qui ad analizzare. E se ci sono ulteriori dati tecnici che hanno impatto sui procedimenti li valuteremo”.

Quanto agli aspetti di natura ambientale, Garavaglia ha espresso dubbi sulla presenza di surnatante in quel preciso punto, una sostanza oleosa che per sua natura galleggia sopra l’acqua, chiedendo “come possa passare sotto l’acqua che noi già ripuliamo” (l’efficacia della barriera idraulica costituita da 22 pozzi, con la funzione di bloccare la fuoriuscita di acqua inquinata dalla ex raffineria è stato un altro dei punti su cui non c’è accordo, ndr).
I Poc (punti di conformità), ossia i  punti di prelievo acqua sono stati posizionati tenendo conto di vari fattori tra cui, ha spiegato Motta, quello di assicurarsi che in un importante recettore ambientale come il fiume Po non finisse acqua inquinata: per questo i piezometri sono stati collocati lungo il confine meridionale della canottieri.

“E vorrei chiarire che non si è mai fatto finta che non vi fosse il prodotto (il surnatante, ossia idrocarburi non miscelati con l’acqua, ndr) – ha poi aggiunto. “Sia nell’analisi di rischio sia allo stato attuale, vengono fatte misure di soil gas, che possono dipendere dai vapori della falda, dalla contaminazione del suolo, ma anche dal prodotto”.

Quello che Bissolati chiede, ma che resta ancora senza risposta, è che vengano definiti i tempi di chiusura del procedimento e offerte garanzie economiche sul ripristino ambientale. “Il progetto di ripristino – ha detto Porto – non ha nemmeno il deposito della cauzione.

La Bissolati non può sapere né quando finirà la bonifica né se c’è un importo stanziato, non ci sono garanzie fideiussorie a garanzia del risultato sui terreni esterni. Per questo è molto importante che la pubblica amministrazione trasformi il progetto di ripristino in bonifica e non c’è bisogno che questo lo imponga un  giudice.

La procedura tecnico amministrativa è in mano al Comune, che pur facendo un ottimo lavoro di controllo dello status quo, deve rendersi conto che questo è insufficiente”.

ARPA: CONTROLLO SUL 10% CIRCA DEI DATI TRASMESSI DAL PRIVATO – Tra i numerosi altri interventi, quello di Marco Spaggiari, responsabile bonifiche per Arpa Lombardia, l’ente di controllo pubblico sulla bontà delle misurazioni effettuate.

Spaggiari ha parlato di discrepanze che talvolta insorgono tra le misure effettuate dal privato e quelle dell’Arpa, ma che vanno contestualizzate e valutate nella loro evoluzione storica.

21 i piezometri nelle aree esterne controllati in contraddittorio, con campagne trimestrali  o semestrali: quando, come in un recente report, due piezometri hanno evidenziato superamenti della concentrazione consentita di idrocarburi all’acquifero superficiale, si è constatato che erano comunque collegati all’impianto di ‘pump and treat’. Ed è stata riscontrata anche presenza di trimetilbenzene con valori non conforme a valori ISS, “per cui è opportuno procedere con ulteriori verifiche per monitorare la sua presenza”.

Ma i controlli di Arpa sono necessariamente a campione: “Arpa non riesce e non può fare controlli al 100%, garantiamo una percentuale che in genere è del 10%. Ma l’ente di controllo non può sostituirsi al privato. Il suo compito è controllare alcuni campioni e poi verificare l’affidabilità analitica su tutto il resto. Questo è il concetto della validazione: analizzare una parte e poi estenderla al tutto”.

Giuliana Biagi

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