Via Bissolati più vuota, ha
chiuso l'antico ristorante Mellini
La voce girava da tempo e il cartello “chiuso per ferie” che resisteva da settimane lasciava molti margini di dubbio. Fatto sta che l’antica trattoria Mellini di via Bissolati ha chiuso davvero l’attività, a 116 anni dall’apertura, come si legge nel post pubblicato dal titolare Romano Ravasi su Facebook.
Un locale senza insegna quasi volesse passare inosservato, in quella che era la contrada “del Canòòn”, rione popolare di Cremona che tante storie ha da raccontare. Era stato aperto nel 1906 sotto l’insegna “trattoria della Villetta” da Francesco Mellini. A lui sono succeduti ai fornelli la moglie Maddalena, il figlio Giovanni e per l’appunto Ravasi insieme alla moglie Teresa. Fino al giorno della pensione, commentata con un misto di tristezza e nostalgia da decine di cremonesi sotto il post.
“Un pezzo di storia di Cremona che si chiude. Quando passeremo davanti a MELLINI nostalgia e ricordi di Romano, mamma e papà. Buona pensione Romano”, scrive un frequentatore; e poi ancora: “Che tristezza!!! Quanti ricordi e pezzi di vita , un abbraccio, Romano”; “Nooooooooo ma da quando??? Cioè per carità meritata pensione ma un’ultima cenetta me la sarei fatta volentieri”; “Ma che dispiacere! Un altro pezzo della vecchia cara Cremona che se ne va.
Se ne vanno i locali storici di Cremona e con loro la CREMONA che piaceva a me”; “Che mangiate con “i ragazzi del martedì”!!! Romano ci mancherai, ma buona pensione”.
E c’è anche chi ricorda la fede calcistica che si respirava tra quei tavoli: “Mi dispiace, quante serate…quintali di Maruba, di oss buus, de lumaghe e foons…adesso puoi fare la Sede degli interisti anonimi!”; ma anche: “Spiace, grazie Romano. Lo rilevo io e ci faccio la sede del Milan Club. Un abbraccio”.
La storia del locale si intreccia con quella della strada, come viene descritto da Fiorenzo Cauzzi nel libro Storia e Storie del rione San Bassano. Un rione popolare, dalla fama non proprio cristallina: oltre alla presenza storica di diversi monasteri divenuti nell’Ottocento caserme, era meta di immigrati da altre zone del nord, in particolare dal parmense, e caratterizzato da case piccole e povere, formate da piano terreno e primo piano. Il toponimo via Baldocca è una derivazione da “via delle Baldrache”.
Come si legge nella prefazione di Franco Verdi: “Raramente mi inoltravo da solo in una zona, proibita come la Casba, com’era il cuore di via Bissolati, su cui incombeva l’ombra inquietante delle caserme e dei suoi difficili e sfortunati abitanti […]. C’era, insomma, qualcosa di nascosto che mi spingeva a sfuggire da quelle angustie, dal parlare vociante e sboccato, da certa gente che mi pareva involgarita e grossolana, abituali frequentatori delle numerose osterie, fumose e sordide […] Luogo di atavica secolare, rassegnata emarginazione sociale, conseguente alla tipologia urbanistica del rione periferico cresciuto tra le caserme e l’argine, San Bassano, nelle pagine di Cauzzi, si ricostruisce nella densa, umorale, schiettezza della sua gente che esprime, nella scaltrezza, nella furfanteria minuta, nella solidarietà, la propria misura umana ….”. gbiagi
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