Cronaca

Melega, in aula ancora le vittime:
"Noi ingannati da quelle pubblicità"

Ancora un’udienza dedicata alle presunte vittime di Marco Melega, quella che si è tenuta oggi nell’aula penale del tribunale di Cremona. L’imprenditore cremonese è a processo per associazione a delinquere finalizzata alle truffe online, frode fiscale, riciclaggio e bancarotta fraudolenta.

L’imputato, avvalendosi di diversi prestanome e società “cartiere”, avrebbe messo in piedi un meccanismo finalizzato a riciclare a proprio vantaggio il denaro illecitamente accumulato attraverso le truffe online. Le fasi prevedevano la costituzione di società intestate a prestanomi, pubblicizzate su emittenti televisive e radiofoniche di rilievo nazionale e che vendevano a prezzi concorrenziali, attraverso siti di e-commerce, prodotti di vario genere, come vini pregiati, buoni carburante, prodotti elettronici.

Oggi in aula sono stati sentiti altri acquirenti che avevano comprato online da “Marashopping”, sito agganciato alla Domac, e da “Sottocosto”, della Promotional Trade, entrambe società riconducibili a Melega, senza mai ricevere, nè la merce, nè il rimborso. Anche in questa udienza i testimoni beffati che a suo tempo avevano sporto denuncia sono arrivati da ogni parte d’Italia.

Stefano, da Bra, in provincia di Cuneo, aveva comprato merce per poco più di mille euro dopo aver sentito gli spot di  “Sottocosto” su Radio24. “Mi sono fidato, e invece quelle pubblicità mi hanno ingannato”, ha detto il testimone, che non ha mai ricevuto quanto ordinato.

Anche Stefano, da Modena, aveva sentito sulle maggiori radio nazionali gli spot su convenienti offerte. A fine novembre del 2019 aveva ordinato come regali di Natale due bottiglie di vino e un televisore, ma dopo due settimane non aveva visto arrivare nulla. “Ho scritto delle mail e mi è stato risposto che c’erano dei ritardi per un accumulo di richieste. Poi più nulla”.

Salvatore, da Fombio, nel lodigiano, a febbraio del 2019 aveva acquistato su “Marashopping” un iphone, pagandolo con un bonifico da 699 euro. “Quando li ho contattati perchè non ricevevo il telefono, mi è stato detto che c’erano problemi con il fornitore e che per il rimborso avrei dovuto aspettare 90 giorni. Poi non ho più sentito nessuno e in aprile ho fatto la denuncia”.

Sergio, da Taranto, aveva visto le pubblicità sui canali Mediaset e aveva deciso di acquistare online un device elettronico. Aveva pagato circa 800 euro. “Il dispositivo non è mai arrivato e alle mie mail nessuno ha mai risposto”.

Testimonianze fotocopia anche quelle di Romano, da Torino, che su “Sottocosto” aveva comprato componenti informatici per 4.900 euro; di Massimo, da Monselice, che su “Marashopping” aveva acquistato un telefono cellulare per 489 euro; di Arnan, da Sesto San Giovanni, che dopo aver sentito le pubblicità alla radio aveva comprato vini e un cellulare per 1.600 euro; di Ernesto, da Nocera Inferiore, che aveva comprato un portatile per la sua azienda per 699 euro, e di Fulvio, da Napoli, che si occupa di rivendite e di assistenza di materiale informatico, che su “Marashopping” aveva comprato portatili per 3.000 euro. A nessuno è mai arrivato nulla.

Le vendite erano riservate a titolari di partita Iva e prevedevano un acquisto minimo non inferiore a mille euro, la metà del quale doveva essere versato tramite bonifico al momento dell’ordine, e la restante parte al momento della spedizione. In realtà le società non erano in possesso di alcun prodotto destinato alla vendita, e quindi nulla era mai stato inviato, nonostante le reiterate lamentele e querele per truffa presentate dai clienti. Dopo qualche tempo le società titolari dei siti di e-commerce erano messe in liquidazione.

Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza nell’operazione “Doppio Click”, le somme di denaro ricevute sui conti correnti delle società utilizzate per le truffe erano trasferite ad altre società, simulando il pagamento di operazioni in realtà mai effettuate e quindi successivamente monetizzate attraverso altri trasferimenti, oppure sotto forma di stipendi, pagamenti di consulenze, anticipazioni di utili.

A capo di alcune delle società c’erano “teste di legno“, persone che nulla avevano a che fare con il mondo manageriale. Tutti “piazzati” per amministrare le società che dopo aver guadagnato denaro, sparivano.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 23 marzo per gli ultimi testimoni del pm Vitina Pinto.

Sara Pizzorni

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