Cronaca

La "carica" dei clienti truffati:
"Carpita la nostra buona fede"

Udienza del processo a Marco Melega
Sentiti altri 22 acquirenti raggirati

Nuova sfilata di testimoni del pm Chiara Treballi nel processo contro Marco Melega, 50 anni, residente a Padenghe sul Garda, l’imprenditore cremonese accusato di associazione a delinquere finalizzata alle truffe online, frode fiscale, riciclaggio e bancarotta fraudolenta.

L’imputato, avvalendosi di diversi prestanome e società “cartiere”, avrebbe messo in piedi un meccanismo finalizzato a riciclare a proprio vantaggio il denaro illecitamente accumulato attraverso le truffe online. Le fasi prevedevano la costituzione di società intestate a prestanomi, pubblicizzate su emittenti televisive e radiofoniche di rilievo nazionale e che vendevano a prezzi concorrenziali, attraverso siti di e-commerce, prodotti di vario genere, come vini pregiati, buoni carburante, prodotti elettronici.

Oggi in aula sono stati sentiti altri 22 acquirenti che avevano comprato online da “Marashopping”, sito agganciato alla Domac, e da “Sottocosto”, della Promotional Trade, entrambe società riconducibili a Melega, senza mai ricevere, nè la merce, nè il rimborso. Anche in questa udienza i testimoni beffati che a suo tempo avevano sporto denuncia sono arrivati da ogni parte d’Italia: Lecce, Bari, Messina, Palermo, Firenze, Napoli, Milano, Bergamo, Torino, Parma, Bolzano, Asti, Ancona, Como, Nocera Inferiore.

C’è chi, come Andrea, arrivato in treno da Lecce, quattro anni fa aveva ordinato per conto della sua azienda 47.000 euro di telefonini. Merce mai arrivata e denaro mai più restituito, nonostante i vari solleciti via mail. Prima di effettuare l’ordine, Andrea, parte civile a processo, aveva effettuato una visura camerale per controllare l’esistenza della società collegata al sito, pubblicizzato sulle maggiori radio e televisioni nazionali. “Sembrava tutto ok, mi sono fidato, e invece sono riusciti a carpire perfettamente la buona fede”.

Angelo è arrivato a Cremona in aereo da Messina. Nel febbraio del 2019 su “Marashopping” aveva acquistato giocattoli, essendo nel commercio online di prodotti per bambini. “Prima di comprare ho fatto le mie indagini, non c’era nulla di strano, le recensioni erano buone”. Anche Angelo, come la maggior parte degli altri acquirenti beffati, aveva pagato con un bonifico. Nel suo caso, aveva fatto due ordini, rispettivamente per 610 e 550 euro. Anche lui non ha mai ricevuto la merce, nè il denaro versato.

Simona, da Palermo, era stata invogliata ad acquistare sentendo le varie pubblicità su Radio 105 e sui canali Mediaset. La cliente, con un lavoro nel campo dell’elettronica, aveva ordinato 5.320 euro di prodotti e pagato l’importo totale con un bonifico. Non vedendo arrivare nulla, aveva inviato una mail. Le era stato risposto che c’era un errore di giacenza di magazzino. Poi più nulla.

Alle varie richieste di sollecito degli acquirenti, le giustificazioni erano le più disparate: problemi con la logistica, ritardi nella spedizione, problemi coi fornitori, prodotti fuori stock, merci non disponibili.

Luisa, da Napoli, di professione avvocato, aveva sentito la pubblicità su Rds. I prodotti erano venduti a prezzi convenienti, così, nel marzo del 2018, tramite mail, aveva effettuato un ordine di merce varia, tra cui un pc, un telefonino e dei saponi, il tutto per 1.100 euro. “Non ho mai ricevuto nulla”, ha raccontato la testimone, che ha detto di aver saputo, poco tempo dopo, che il sito era stato oscurato e che era in corso una procedura fallimentare.

Sergio, da Torino, amministratore di una società di capitali, nel 2018 aveva acquistato buoni carburante Eni da 5.000 euro. Merce mai arrivata. “Ad una mia mail mi è stato risposto che avevano subito un furto, che i buoni non erano nella disponibilità e che mi avrebbero rimborsato. Al che ho avviato la richiesta di rimborso, ma non ho più visto nulla”.

Marco, da Milano, aveva sentito la pubblicità di “Marashopping” su Radio 105. “Ho verificato, la ditta era affidabile e aveva buone credenziali”. Nel gennaio del 2019, Marco aveva acquistato due cellulari per poco più di 800 euro. Merce mai arrivata.

Nel febbraio del 2019 Fabrizio, da Firenze, aveva comprato un Iphone per 1.100 euro, mai arrivato. “Mi sono sentito fregato”. Merce ordinata ma mai arrivata anche a Daniele, da Ancona: “Ho capito di essere incappato in una truffa e ho fatto denuncia”.

Giuseppina, da Milano, aveva acquistato su “Marashopping” un computer da 749 euro il 31 gennaio del 2019. Aveva sentito la pubblicità su Radio 24. “All’ennesima mail mi hanno risposto che il prodotto non era disponibile e che avrei potuto chiedere il rimborso, ma nulla è mai arrivato”.

Qualche mese più tardi Giuseppina era incappata in un servizio che ‘Striscia la Notizia’ aveva girato nell’aprile di quello stesso anno in centro a Cremona. L’argomento trattato dall’inviato Max Laudadio era relativo ad una serie di segnalazioni di clienti che, dopo aver acquistato prodotti sul sito “Marashopping” gestito dalla società Domac Srl con sede legale a Cremona, non si erano più visti restituire il denaro. L’inviato era riuscito a rintracciare in un bar a Cremona uno degli ex titolari della società che, incalzato, aveva risposto seccato di non aver mai ricevuto denaro e di non aver nulla a che fare con le proteste dei clienti.

Quell’uomo, altri non era che Cristiano Visigalli, considerato l’uomo di fiducia di Melega. Era Visigalli, che ha già patteggiato in udienza preliminare, a realizzare materialmente tutte le operazioni finalizzate alla truffa, come ad esempio la sottoscrizione di contratti fasulli del ramo di azienda pubblicitario, colui che identificava e reclutava i diversi prestanome, che operava sui conti correnti delle società destinatarie del denaro ottenuto tramite i raggiri e che poi girocontava in favore di altre imprese, come la Domac e la Consulting, affinchè venissero ‘ripuliti’ prima che gli stessi fuoriuscissero in favore degli effettivi beneficiari.

Le vendite erano riservate a titolari di partita Iva e prevedevano un acquisto minimo non inferiore a mille euro, la metà del quale doveva essere versato tramite bonifico al momento dell’ordine, e la restante parte al momento della spedizione. In realtà le società non erano in possesso di alcun prodotto destinato alla vendita, e quindi nulla era mai stato inviato, nonostante le reiterate lamentele e querele per truffa presentate dai clienti. Dopo qualche tempo le società titolari dei siti di e-commerce erano messe in liquidazione.

Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza nell’operazione “Doppio Click”, le somme di denaro ricevute sui conti correnti delle società utilizzate per le truffe erano trasferite ad altre società, simulando il pagamento di operazioni in realtà mai effettuate e quindi successivamente monetizzate attraverso altri trasferimenti, oppure sotto forma di stipendi, pagamenti di consulenze, anticipazioni di utili.

A capo di alcune delle società c’erano “teste di legno“, persone che nulla avevano a che fare con il mondo manageriale. Tutti “piazzati” per amministrare le società che dopo aver guadagnato denaro, sparivano.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 9 marzo.

Sara Pizzorni

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