Settimana della Carità: apertura
con il pedagogista Prada
“E se non avessimo la… comunità?” Questo la domanda posta direttamente dal titolo della relazione del pedagogista Giorgio Prada, intervenuto nella mattinata di sabato 11 novembre a Cremona al convegno diocesano per gli operatori della carità che ha aperto la “Settimana della Carità 2023”. Una nutrita presenza dei volontari delle Caritas parrocchiali e delle San Vincenzo de’ Paoli del territorio nel salone Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona.
Il convegno degli operatori della carità ha aperto ufficialmente la “Settimana della carità 2023”. Appuntamento tradizionale della Chiesa cremonese nell’ambito della festa patronale di sant’Omobono, il «padre dei poveri», la “Settimana della carità” viene riproposta ogni anno dalla Caritas diocesana come occasione non solo per sensibilizzare e fare il punto rispetto alle situazioni di povertà sul territorio, ma per educare le parrocchie a farsi protagoniste nella sfida della solidarietà, perché l’impegno alla carità non rimanga delegato a qualche gruppo di volontariato o alle strutture diocesane, ma possa essere lo stile di una comunità cristiana.
L’incontro – dal titolo «Non distogliere lo sguardo dal povero» – è stato aperto da un momento di preghiera guidato dal vescovo Antonio Napolioni, che ha riflettuto a partire dal vangelo dei discepoli di Emmaus, mettendo in guarda dall’abitudine che porta alla stanchezza. Una riflessione che, prendendo spunto dal ritorno a Gerusalemme presentata nel brano del Vangelo di Luca, ha portato alla più stringente attualità. «Ci voleva proprio Gesù. Ci voleva proprio la rivoluzione del Vangelo. E ci vuole ancora. E ancora di più», ha detto il Vescovo. «La rivoluzione di un Dio che si fa talmente prossimo da incarnarsi in ogni frammento di umanità».
Cuore della mattinata è stato quindi l’intervento del pedagogista milanese Giorgio Prada, introdotto dal direttore di Caritas Cremonese, don Pierluigi Codazzi. Il relatore, attraverso anche alcuni contributi multimediali, si è soffermato sulla necessità di creare comunità partendo dalle condizioni materiali attuali e dal contenuto del capitolo 13 della prima lettera di san Paolo ai Corinzi. «Si dà per scontato che Paolo ragioni dentro una comunità – ha affermato Prada – ma sappiamo benissimo, proprio dalle sue lettere, quanto le comunità di allora fossero in crisi. Allora mi sono fatto questa domanda: ma sono le condizioni nelle quali Paolo scrive che gli fanno dire determinate cose? Quindi, la comunità è condizione della carità o ne rappresenta piuttosto il punto di arrivo?».
Un’interessante provocazione alla quale il pedagogista ha risposto sottolineando che «se è la comunità a fare la carità, sarebbe meglio ritirarsi e aspettare tempi migliori. Ma se invece la comunità fosse l’esito di tanti piccoli gesti di carità…? Non viene prima la comunità della carità, ma forse la comunità nasce proprio grazie alla carità».
Da qui allora le analisi condotte consultando il Documento strategico di Caritas 2023/2027, ed esposte al convegno di Cremona dal pedagogista, dalle quali si evince l’esigenza di ripensare la formazione dei servizi e delle persone – oltre l’assistenzialismo, il volontarismo e il servizio istituzionalizzato – e il protagonismo dei giovani.
«La carità è esperienza, non sono parole né valori. La gente esperisce la carità, che non è qualcosa da imparare, ma da imparare a fare – ha sottolineato Prada –. E allora c’è un problema se pensiamo che basti trasmettere l’esperienza». Guardando ai più giovani aggiunge: «Ciascuno di noi è fatto di esperienze che ha svolto, ma non funziona inserendo ogni tanto qualche gesto caritativo. Forse bisogna davvero pensare che se di iniziazione si deve parlare, queste debbano essere una iniziazione alla carità. Questo significa strutturare percorsi, cioè esperienze, una dietro l’altra». Una solidarietà che non sia dunque episodica, un semplice spot, ma che trovi continuità in un’esperienza che forma e rinnova la comunità.