Cronaca

La shoah vista da due bambine
Il racconto di Tati e Andra Bucci

Matta, le sorelle Bucci e Gualandris

Tatiana e Andra Bucci quando sono uscite dal campo di concentramento parlavano solo tedesco. Avevano 4 e 6 anni quando sono state deportate da Fiume ad Auschwitz- Birkenau insieme con la madre, la nonna, la zia e il cuginetto Sergio. Un teatro Ponchielli gremito e silenzioso ha partecipato alla testimonianza delle sorelle Bucci, sopravvissute ai campi di concentramento, evento organizzato dalla Rete scuole e dall’Associazione nazionale Divisione Acqui come momento di preparazione al prossimo Viaggio della Memoria.

“Abbiamo la grande fortuna di avere qui una testimonianza per continuare a far vivere questo messaggio di democrazia” ha detto Ilde Bottoli organizzatrice dei viaggi della memoria e presidente del progetto “che vive da 28 anni e continua ad esistere grazie agli sponsor che ci sostengono con contributi economici importanti”. Per i saluti istituzionali Luciano Pizzetti, residente del Consiglio Comunale in rappresentanza del Sindaco, impegnato ai funerali di Elisa, che prima del suo messaggio ha invitato il pubblico ad un minuto di silenzio in ricordo della studentessa travolta dal bus mentre andava a scuola. “Ad Andra e Tati il caldo, amorevole saluto di Cremona, una città che non ha mai dimenticato gli orrori della storia. Grazie per la forza che ci date per cambiare”, ha detto Pizzetti. Tristano Matta, storico della Resistenza, ha introdotto l’incontro con un excursus di questa pagina di storia: “Nessuno credeva a quello che i sopravvissuti raccontavano. Abbiamo iniziato a parlare molti anni dopo, quando è stato istituito il Giorno della Memoria”.

 

Ilde Bottoli introduce l’evento

 

Le sorelle – intervistate dal direttore del quotidiano La Provincia Paolo Gualandris – hanno ricordato il viaggio sui convogli che le hanno portate ad Auschwitz. “Siamo tornate per la prima volta negli anni ’90, non è stato così terribile come temevamo. Non c’era la nostra Birkenau, la nostra Birkenau era fredda e con la neve. È stato più facile per noi esserci”, hanno ricordato. “La nostra prima fortuna è stata essere scambiate per gemelle, abbiamo superato così la prima selezione.” Tremila i bambini che furono selezionati come possibili cavie per esperimenti.

Fare pace con la storia per le sorelle Bucci non è stato facile. C’è voluto tempo per distinguere i tedeschi dai nazisti. “Noi bambini avevamo un po’ più di libertà, giocavamo intorno a questi cumuli di scheletri. Uscivamo dalla nostra baracca quando le prigioniere andavano a lavorare” ha raccontato Andra. “Abbiamo capito di essere ebree solo quando eravamo a Birkenau e abbiamo capito tante cose solo crescendo, come il fumo dai camini. Eravamo bambine.” La mamma ci ha aiutato a non dimenticare la nostra identità.

C’è stato poi uno spazio dedicato alle domande degli studenti delle scuole cremonesi che hanno partecipato all’incontro che hanno ascoltato in rispettoso silenzio il racconto delle due testimoni. “Io non credo di aver mai odiato i miei carnefici, paura ne ho avuta, ma odio o voglia di vendetta non ne ho mai provati, su chi poi? Quelli che erano nei campi sono morti. I tedeschi di oggi non c’entrano nulla” ha raccontato Andra.

“Non ho mai pensato di poter morire quando ero lì, eravamo troppo piccole per capire la gravità di quanto stava succedendo. Gli adulti hanno sofferto di più. Ricordo anche un gesto gentile di un soldato nazista che mi ha donato dei biscotti in una scatola di latta, forse qualcuno aveva ancora un po’ di umanità” hanno raccontato. “Quando siamo tornate alcune mamme ci facevano vedere delle foto di bambini per chiederci se li avevamo visti. Alcune volte rispondevamo di sì per dare un po’ di speranza.”

È stata ricordata anche quella che viene chiamata la sindrome del sopravvissuto: “Mi sono chiesta tante volte perché io sì e altri no, soprattutto per mio cugino Sergio che non è tornato” ha detto Tati. “Io non ho avuto sensi di colpa” ha detto Andra “la vita ha deciso che fossimo noi a raccontare”.

 

Il Teatro Ponchielli gremito

 

LA FAMIGLIA PERLOW. UNA STORIA ESEMPLARE.

Dopo l’8 settembre 1943, il governo della Repubblica Sociale Italiana emanò un ordine di arresto e deportazione per tutti gli ebrei. Il 28 marzo 1944, a seguito di una denuncia, Andra e Tatiana Perlow, di Fiume, rispettivamente all’età di quattro e sei anni, vennero arrestate insieme alla madre, alla zia, al cugino Sergio, alla nonna e ad altri familiari. La famiglia Perlow fu trasportata a Susak in un magazzino di vini dove rimase per una notte, dopodiché tutti furono trasferiti nella Risiera di San Sabba a Trieste per due giorni e due notti dove furono sottoposti ad interrogatori. In seguito la famiglia Perlow fu caricata senza acqua né cibo su uno dei vagoni del treno diretto in Polonia. La notte del 4 aprile 1944 il loro treno arrivò ad Auschwitz-Birkenau.

I deportati furono portati in un piazzale dove furono smistati, la nonna fu indirizzata nella fila di sinistra e venne uccisa la sera stessa. La legge di Auschwitz prevedeva l’uccisione all’arrivo per le donne con i bambini e per chi avesse più di sessanta anni e meno di quindici: quella stessa notte madre e figlie furono separate. Le bambine probabilmente vennero scambiate per gemelle perché praticamente identiche, nonostante la loro differente età e, con il cuginetto, furono indirizzate nel Kinderblock, la baracca dei bambini destinati agli esperimenti del dottor Josef Mengele. La madre e la zia furono mandate in una baracca poco distante da quella dei bambini nei Kommando di lavoro nel lager.

Mira riuscì a vedere poche volte le sue figlie e ogni volta che le andava a visitare ripeteva loro di non dimenticare i loro nomi: questa raccomandazione fu di grande aiuto alle due bambine, quando uscirono dal campo, per poter ricongiungersi ai loro famigliari. Andra e Tatiana iniziarono a rifiutare quella donna smagrita, rasata e sofferente, poiché non corrispondeva più al ricordo dell’immagine che avevano della loro madre, e si rifugiarono nella loro unione, diventando l’una la famiglia dell’altra e proteggendosi a vicenda dall’orrore del campo. Fondamentale per la loro salvezza fu una blockova, un’addetta alla sorveglianza della baracca dei bambini e delle donne, della quale le sorelle non ricordano il nome, che si prese cura soprattutto di Tatiana alla quale regalò dei maglioncini da condividere con la sorellina e questo permise alle due bambine di sopravvivere alle crudeltà del campo.

Un giorno di novembre la blockova prese da parte Andra e Tatiana e disse loro: “Verranno degli uomini, raduneranno tutti voi bambini e vi diranno: chi vuole vedere la mamma e tornare con lei, faccia un passo avanti. Voi dovete rimanere ferme al vostro posto, non rispondere assolutamente nulla“. Le due sorelle lo dissero anche a Sergio affinché si potesse salvare insieme a loro. Quando il dottor Mengele si presentò alla baracca insieme ai suoi uomini e chiese ai bambini di farsi avanti se volevano andare a trovare “la mamma”, Sergio, abituato a vivere solo con lei, fece il passo in avanti e venne prelevato insieme ad altri diciannove bambini, per essere trasferito nel campo di concentramento di Neuengamme, vicino ad Amburgo, dove subì terribili esperimenti.

Fu poi trasferito nella scuola di Bullenhuser Damm di Amburgo dove fu impiccato insieme agli altri bambini il 20 aprile 1945. Il suo corpo, come quello delle altre piccole vittime, non fu mai ritrovato.

Nicoletta Tosato

 

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