Cronaca

Covid, Cuzzoli: "Nelle prime 24
ore arrivarono oltre 400 pazienti"

Un dramma senza precedenti, centinaia di persone che morivano senza che i medici riuscissero a salvarle: chi ha vissuto in prima persona l’inizio della pandemia, ricorda quei primi mesi come un incubo. “Ho un ricordo ancora vivo di quel giorno. Era circa mezzogiorno del 20 febbraio quando fummo avvertiti dalla direzione strategica del primo paziente italiano nel quale era stato identificato il Coronavirus, a Codogno” racconta il dottor Antonio Cuzzoli, a suo tempo primario del pronto soccorso di Cremona.

Il dottor Antonio Cuzzoli

Da quel giorno, presero il via “dei mesi terrificanti, in una continua lotta per cercare salvare tutti. Ma non è stato possibile. I pazienti arrivavano, a decine, a centinaia… nelle prime 24 ore abbiamo visto 400 persone. Arrivavano in pronto soccorso dapprima timorosi e impauriti. Poi, nei giorni successivi, arrivano già malati, spesso in condizioni già instabili. E nei giorni successivi, i malati che vedevamo erano in condizioni sempre più gravi. Anche perché non avevamo spazio per accoglierli tutti. Uno dei grandi problemi del Covid sono stati i pazienti rimasti a domicilio, le cui condizioni sono poi precipitate”.

Purtroppo, del resto, non tutto ha funzionato. “A livello di management, anche ministeriale, non c’è stata una direttiva chiara. Le linee operative che ci sono arrivate sono state, secondo me, in sottomisura rispetto al problema. Non potevamo non prevedere una pandemia, non potevamo non prevedere un coinvolgimento italiano. Ma non abbiamo messo in atto le giuste misure contenitive. Anche il nostro territorio ha manifestato quelle criticità che probabilmente avremmo dovuto prevedere prima. È vero, la tempesta è stata di dimensione spropositata. Non ci aspettavamo quell’uragano, ma solo un temporale. E non ci siamo coperti sufficientemente”.

Ma oggi qual è la situazione, a cinque anni di distanza? Secondo Cuzzoli, la sanità non ha ancora trovato una soluzione organizzativa ideale. “Non vedo una strutturazione sanitaria modificata in bene” sottolinea. “Gli ospedali non possono reggere l’urto se non hanno una rete adeguata. La rete è fatta da centri hub, da spoke e dal territorio. L’ospedale di Cremona è sempre stato verticale. Ricordo che ancora quando c’ero io, ho sempre sollecitato una risposta orizzontale, ma per ora non la vedo. I percorsi vanno resi efficaci ed efficienti. Devono diventare rapidi. Non serve creare una strutturazione ospedaliera in cui il paziente viene fatto girare da un reparto ad un altro. Non serve creare ospedali sempre più alti e magnificenti; servono invece ospedali sempre più orizzontali, in cui il paziente è al centro”.

Laura Bosio

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