In balìa del branco: il pestaggio
e le minacce di morte. I racconti

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Rapina e lesioni aggravate sono le accuse contestate ad un senegalese e ad un marocchino di 19 e 20 anni, Ahmadou e Yassine, che il 13 ottobre del 2022 erano stati arrestati, insieme ad altri sei ragazzi minorenni, per essersi resi protagonisti di un violento pestaggio a due giovani studenti indiani, un maggiorenne e minorenne, avvenuto in Piazza delle Tranvie a Cremona. In aula le vittime hanno raccontato quel pomeriggio da incubo e ribadito le accuse nei confronti del gruppo di assalitori, che armati di tubi di ferro e manganelli li avevano brutalmente e ripetutamente colpiti anche a calci e pugni, nonostante fossero già caduti a terra e incapaci di difendersi.
“Ero lì per prendere il pullman”, ha raccontato una delle vittime, che era appena uscito da scuola, il Cr.Forma, “quando questi ragazzi mi hanno circondato e hanno cominciato a picchiarmi. Li conosco solo di vista, li vedo in giro. Uno, un nordafricano, mi ha preso da dietro e mi ha colpito alla testa. Mi ha insultato e minacciato e poi mi ha sferrato dei pugni. Il mio amico si è messo in mezzo per proteggermi e hanno picchiato anche lui, ma l’obiettivo principale ero io. Qualcuno aveva un manganello di ferro e picchiava forte. Era molto alto e robusto. Gli altri erano ragazzi marocchini e egiziani”.
Ma perchè di quella violenza?. Il giovane ha detto che qualche giorno prima il nordafricano era stato picchiato, specificando di non avere nulla a che fare con quell’episodio.
Per i due amici erano state necessarie cure mediche. Uno dei due aveva riportato le ferite più gravi, giudicate guaribili in 30 giorni. Tanta era stata la ferocia dell’assalto, che uno dei ragazzi indiani aveva ancora stampato sul volto il segno della suola di una scarpa. “Erano in tanti”, ha riferito un amico delle vittime. “Ricordo una massa di persone addosso a loro”.

L’altro ragazzo che ha testimoniato, anch’egli vittima del pestaggio per aver difeso l’amico e derubato del telefonino, ha raccontato che quel pomeriggio era in pausa dal lavoro (lavora in un negozio vicino alla stazione) quando era arrivato quel gruppo di ragazzi. “Uno di loro è saltato addosso al mio amico e io mi sono messo in mezzo e sono stato colpito da un pugno. Abbiamo provato a scappare, ma loro ci hanno inseguito. Erano una decina, alcuni li ho riconosciuti, sono sempre lì“. Il giovane ha raccontato di aver visto come arma un bastone di ferro e di aver ricevuto delle minacce. “Per oggi vi è andata bene, la prossima volta vi ammazziamo“.
“Non c’erano stati episodi pregressi”, ha spiegato il giovane indiano, che era stato minacciato di morte per aver denunciato gli autori del pestaggio. “Quelli sono ragazzi che fanno litigi inutili“.
L’operazione della polizia era stata chiamata “Tiranga”, dal nome della bandiera indiana. Il lavoro degli investigatori si era concentrato anche sui social, dove gli imputati comunicavano. “Sanno che sono stato io, ma non sanno come”, il testo di un messaggio riferito alle indagini. E poi il post su Instagram, “quasi come monito per il futuro”, “l’imminente pericolo che incombe sui ragazzi di nazionalità indiana con l’esplicito riferimento alla loro bandiera”.
Attualmente tutti i gli arrestati sono in libertà. Il senegalese deve rispondere di altri due reati: l’aver portato fuori dall’abitazione, senza autorizzazione, un manganello telescopico usato durante l’assalto, e di aver minacciato di morte l’indiano maggiorenne. Gli imputati sono assistiti dall’avvocato Michele Barrilà.
Si torna in aula il 21 ottobre per sentire due testimoni del pm e quattro della difesa.
Sara Pizzorni