Cronaca

Condanna Wte, rese note
le motivazioni della sentenza

Sono state rese note le motivazioni della sentenza emessa nei confronti di Giuseppe Giustacchini, titolare della Wte, condannato con rito abbreviato a un anno e quattro mesi, per traffico illecito di rifiuti. La vicenda, aveva avuto ricadute nel territorio cremonese, dove erano stati sparsi grandi quantitativi di fanghi tossici.

“Giustacchini, con l’ausilio dei suoi collaboratori, maneggiava, presso gli impianti di Wte s.r.l., quantitativi di rifiuti ingenti. I fanghi prodotti da impianti di depurazione delle acque reflue urbane e industriali conferiti agli opifici di Calcinato e di Calvisano erano gestiti in violazione delle prescrizioni contenute o richiamate nelle Autorizzazioni integrate ambientali rilasciate dalla Provincia di Brescia” si legge nelle motivazioni della sentenza, riportate da BresciaOggi.

Non è tutto: “Con riferimento agli illeciti più rilevanti, che impediscono di considerare il “prodotto” della filiera un correttivo o fertilizzante, con conseguente mantenimento, in capo allo stesso, della qualifica di rifiuto, non era eseguito il trattamento prescritto, con impiego di dosi insufficienti di reagenti” si legge ancora nel documento.

Viene altresì evidenziata “un’inosservanza della corretta sequenza di lavorazione e dei tempi di miscelazione minimi per la metamorfosi del rifiuto in “gesso di defecazione da fanghi”; erano aggiunti alla massa di rifiuto ingenti quantitativi di solfato di calcio, per simulare lo svolgimento del processo di trattamento del rifiuto, fare conseguire fraudolentemente al prodotto finito i titoli minimi di ossido di calcio e anidride solforica previsti dalla legge ed ottenere un’illecita diluizione delle sostanze inquinanti presenti nella biomassa di partenza; i materiali risultanti dal processo di trattamento erano distribuiti e interrati ad opera della stessa Wte o di suoi collaboratori in terreni agricoli ubicati all’interno e all’esterno della provincia di Brescia, in assenza di una effettiva domanda, posto che erano, nella stragrande maggioranza dei casi, ceduti gratuitamente agli agricoltori, che ne accettavano lo spandimento sui terreni per risparmiare sulle spese di aratura; sempre con riferimento all’aspetto dell’impiego in “uscita”, risulta che i “gessi” erano apportati ai terreni in assenza di correlazione con effettive esigenze agronomiche”, e «le dosi distribuite erano stabilite in maniera totalmente arbitraria e senza compiere alcuna valutazione rispetto al reale fabbisogno delle colture” è scritto ancora nel documento del giudice.

E ancora, si parla dell’impatto sulla salute: “non vi era alcuna garanzia che la sostanza non avrebbe portato a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana, posto che, sia in occasione dei controlli eseguiti nel corso delle indagini, sia con riferimento a quelli successivi, realizzati in seguito al sequestro degli impianti ed in contraddittorio con le parti, si registrava il superamento delle concentrazioni della soglia di contaminazione”.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...