La truffa del cibo da asporto:
due condanne e una assoluzione

Leggi anche:
E’ finito con due condanne e un’assoluzione il processo sulla maxi truffa del cibo da asporto non pagato che ha visto tre donne sul banco degli imputati. 34 i capi di imputazione contestati e 24 gli esercizi commerciali di Cremona e provincia presi di mira tra il 2019 e il 2020, compresi ristoranti di lusso, per un danno complessivo che sfiora i 9000 euro. Una vicenda che era balzata agli onori della cronaca nel periodo del lockdown.

Il giudice ha condannato Paola Francesca Pizzamiglio a un anno, sette mesi e 1.150 euro di multa per quattro episodi di truffa e insolvenza fraudolenta ai danni di quattro esercizi commerciali, mentre è stata assolta dagli altri reati contestati, e cioè ricettazione di assegni e violazione del provvedimento del foglio di via emesso dalla Questura. Per l’imputata, difesa dall’avvocato Giovanni Bertoletti, il pm aveva chiesto una pena di quattro anni quattro mesi e 2.800 euro di multa.
Condannata a un anno e quattro mesi, invece, Debora Orfeo, lei accusata di simulazione di reato per aver denunciato falsamente la sparizione di assegni. Per l’imputata, difesa dai legali Annamaria Petralito e Luca Genesi, il pm aveva chiesto un anno. Assolta, infine, Stefania Merlo, così come aveva chiesto anche il pm. A lei, assistita dall’avvocato Cesare Grazioli, erano contestati quattro episodi di truffa, ma i commercianti interessati hanno rimesso la querela, così come hanno deciso di fare molti altri titolari dei locali truffati.

La Pizzamiglio è stata condannata per l’insolvenza fraudolenta dell’agosto del 2019 al ristorante “Il Torrazzo” di Cremona, per l’importo complessivo di 320 euro, e dell’aprile del 2020 al “Tomatino pizza with Love” di Cremona, per un danno di 98,50 euro, e per le truffe del 29 febbraio alla macelleria Ruggeri di Cremona per 215 euro e del 28 ottobre del 2020 a Piadena al “Viavai Cafè” per un danno di 174 euro.
Nel mirino, locali di Vescovato, dove abitavano la Pizzamiglio e la Orfeo, ma anche ristoranti di lusso, pizzerie, trattorie, pasticcerie, macellerie di Cremona, e poi altri locali a Malagnino, Cicognolo, Persico Dosimo, Pieve San Giacomo, Piadena, Isola Dovarese, Pozzaglio ed Uniti.

Durante il lockdown gli esercenti ricevevano ordini di acquisto telefonici dal committente che si fingeva persona incaricata da un abituale cliente. Ma poi, una volta ritirata la merce, nessuno provvedeva a saldare il conto precedentemente concordato. Spesso veniva scelto un menu piuttosto costoso: in un ristorante, ad esempio, erano stati ordinati escargot e pasta con il tartufo per un danno di 400 euro.
Sara Pizzorni