"Gang del Parmigiano", maxi
condanne: 10 anni al "boss"
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Avevano colpito in tutto il nord Italia per un giro di affari di oltre un milione di euro. Per l’accusa, a Cremona avevano messo a segno il maxi furto all’azienda dolciaria Vergani nella notte tra il 25 e il 26 maggio 2015, con un bottino di mandorle dal valore di 400mila euro. Dodici, complessivamente, i componenti della banda che nel febbraio del 2018 erano finti nella rete degli agenti della Squadra Mobile della Questura di Cremona. Nove di loro sono già stati condannati in sede di udienza preliminare, mentre tre, tra cui il presunto capo della banda, Mario Sciarappa, 61 anni, foggiano residente a Cremona, hanno affrontato il processo davanti al collegio.
Per loro, maxi condanne: i giudici hanno condannato il “boss” a 10 anni, sei mesi e 1.200 euro di multa (il pm Francesco Messina aveva chiesto sei anni); nove anni, due mesi e 1.050 euro di multa a Salvatore Olivieri, 46 anni, nato e residente a Foggia (il pm aveva chiesto cinque anni) e quattro anni, otto mesi e 1.125 euro di multa a Savino Loberto, 58 anni, foggiano residente a Modena (per lui il pm aveva chiesto l’assoluzione). L’accusa era quella di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti aggravati.
L’indagine, culminata nell’operazione “Cheese Hunter” (Cacciatori di formaggi), che aveva posto fine alle scorribande del gruppo, era partita proprio dal furto alla Vergani con l’esame delle telecamere dell’azienda a dei caselli autostradali da cui gli imputati erano transitati utilizzando automezzi pesanti. Il lavoro degli investigatori si era concentrato sull’analisi di centinaia di telefonate intercettate e sulla ricostruzione dei viaggi effettuati tra Cremona e Cerignola, la prima considerata la base organizzativa della banda, mentre la seconda quella logistica.
Il gruppo si era reso responsabile di 22 furti o tentati furti in tutto il nord Italia, specialmente in aziende casearie. Una banda ben organizzata, quella capeggiata dal “boss” Mario Sciarappa, nella quale ognuno aveva compiti ben definiti: c’era chi si occupava di effettuare i sopralluoghi, come era stato fatto al caseificio Saviola di San Giovanni in Croce, obiettivo che la polizia teneva d’occhio e a cui la banda aveva poi rinunciato. Sempre nel Cremonese era stato tentato un furto alla Plac di via Bastida a fine luglio del 2015. Altri, invece, erano stati messi a segno nelle province limitrofe: Piacenza, Mantova, Brescia, Ferrara, Reggio Emilia, Chieti, Perugia, Parma, Milano, Cuneo.
Per il gruppo, le prime condanne, da un minimo di un anno a un massimo di cinque anni, le aveva emesse nel 2016 il tribunale di Modena. Le carte del procedimento raccontano di un’attività illegale basata su incursioni altamente organizzate, effettuate con vari stratagemmi: sistemi di videosorveglianza manomessi, prostitute ingaggiate come vedette, ricetrasmittenti accese per coordinare il lavoro e anche un drone per studiare il territorio e le vie di fuga. Tutto per mettere le mani su prodotti come formaggio, salumi, pesce surgelato, crostacei, champagne e poi fare soldi reinserendo tali prodotti illegalmente nel circuito commerciale. Lungo l’elenco di colpi contestati, a partire dalla razzia di 400 forme di Parmigiano al caseificio Albalat di Modena il 16 novembre 2013.
Sara Pizzorni