Monteverdi Festival, anteprima
con il "Vespro della Beata Vergine"

Una grande anteprima al Monteverdi Festival dedicata alla composizione di musica sacra più imponente del Divin Claudio: Il Vespro della Beata Vergine, in scena sabato 7 giugno alle ore 18 nella splendida cornice della Chiesa di San Marcellino.
Ad interpretarlo i due massimi gruppi di musica antica spagnoli, La Capella Reial de Catalunya e Le Concert des Nations, diretti e creati da Jordi Savall, in una interpretazione che rimarrà memorabile per il pubblico del Festival.
“Durante il Rinascimento e il Seicento, gli eventi sociali e religiosi erano strettamente legati. La confluenza delle varie correnti spirituali e umanistiche e soprattutto le rivalità tra le potenze laiche ed ecclesiastiche, tra le città, perfino tra i paesi, fecero nascere un maggior bisogno di fasto e d’arte” spiega Jordi Savall.
“È in questo contesto che bisogna senza dubbio situare la prima esecuzione dei Vespri, il 25 marzo 1610, nella basilica di Santa Barbara, in occasione della festa dell’Annunciazione e in onore delle figlie di Francesco Gonzaga. È ad ogni modo all’inizio di quell’anno che Monteverdi compose la sua Messa a cappella “In illo tempore”, pubblicata contemporaneamente ai Vespri.
Quattro secoli dopo la sua creazione, quest’opera non ha perduto nulla della sua forza d’espressione e della sua eccezionale intensità. E il segno incontestabile del genio di Monteverdi che ha saputo, più di ogni altro compositore del suo tempo, mettere a profitto i diversi movimenti apparsi intorno al 1600, e che hanno fatto di questo periodo un momento cruciale nell’evoluzione del linguaggio musicale: grazie ad una mescolanza degli stili (antico e moderno), ad una volontà di sperimentazione e di ricerca su nuovi effetti d’espressione e di carattere (stile rappresentativo, stile concertato, madrigali guerrieri e amorosi, arie spirituali, ecc…), all’arte del “cantare per la gorgia” (madrigali passeggiati e diminuiti) che deriva precisamente dalla scoperta del “recitar cantando” (Nuove Musiche di G. Caccini).
A ciò viene ad aggiungersi l’evoluzione della musica polifonica con nuovi tentativi riguardo allo spazio e all’espressione, il che provocherà una progressiva liberazione dell’armonia, permettendo una combinazione raramente così favorevole delle tecniche modali, tonali e cromatiche.
Tutto ciò rappresenta, per noi interpreti del Duemila, un’enorme quantità di dati e d’informazioni che bisogna possedere ed interpretare per ritornare ad un atto di creazione rispettoso degli elementi oggettivi quali il testo, la notazione, la strumentazione, ecc… Siamo altrettanto coscienti, d’altra parte, che c’è anche un grande numero di aspetti soggettivi che giocano un ruolo importante, come, per esempio, la declamazione del testo, l’articolazione degli strumenti, la dinamica, il tempo, l’interpretazione dei “passaggi”, l’ornamentazione cadenzale (lo stile concertato, abitualmente interpretato senza alcuna flessibilità).
Nel momento in cui si scopre la forza espressiva delle parole in ambito poetico e musicale, è indispensabile tenere conto di questi effetti di retorica e declamazione nelle opere il cui testo è in latino. Trasformando egli stesso il Lamento d’Arianna in Pianto della Madonna, Monteverdi differenzia profondamente il contenuto e il significato del testo, non la retorica e la declamazione che sono proprie del suo tempo.
Quanto al diapason, l’abbiamo mantenuto a 440 Hz, dato che le varie teorie di ricerca non sembrano riuscire a produrre una soluzione pienamente soddisfacente: perché abbassare di un quarto il Magnificat, il momento che domanda il massimo di splendore e magnificenza sonora, se si sa che i diapason erano certamente molto più alti – probabilmente un tono o una terza minore – a quell’epoca, e variabili secondo i luoghi. Così, nel caso di un’eventuale trasposizione di una quarta più in basso, come sembrerebbe indicare l’utilizzo di certe chiavi nella partitura, il diapason reale sarebbe al massimo un tono più basso di quello scritto.
È dunque necessario realizzare la sintesi di tutti questi elementi se si vuole ridare a questa musica la vita, la libertà e l’espressione che merita”.