Cronaca

Pestaggi e umiliazioni dalla mamma
e dai nonni. Erano bugie: assolti

Quando hanno sentito pronunciare dal gup sentenza di assoluzione, c’è stata grande commozione. Fuori dall’aula, un pianto liberatorio e un abbraccio al loro avvocato Marco Simone, anche lui tradito dall’emozione. Una mamma di 46 anni e i suoi genitori di 69 e 74 anni si erano visti accusare di gravi episodi di violenze dalla figlia e nipote, che all’epoca dei fatti aveva 12 anni. Ma sono usciti assolti con formula piena dal processo celebrato con il rito abbreviato in udienza preliminare.

La denuncia era stata sporta nel gennaio del 2024 dal padre della ragazza. L’uomo, che risiede in Calabria, separato dalla moglie da circa sei anni e con cui nelle mail si dava del lei, aveva ricevuto le confidenze della giovane, oggi 17enne, che gli aveva raccontato di aver subito violenze e psicologiche dalla mamma e dai nonni, con i quali, insieme al suo fratellino più piccolo, si era trasferita a Cremona per motivi famigliari. Qui sarebbe stata picchiata con calci e pugni, colpita con lanci di oggetti, presa violentemente per il collo e pesantemente insultata.

Al padre, la giovane aveva raccontato in particolare cinque episodi che sarebbero accaduti tra il settembre e il dicembre del 2023, sia a casa a Cremona che in un’occasione in auto con il nonno mentre questi stava guidando. In più aveva riferito al padre che la casa era in condizioni abitative pessime, piena di muffe che le avrebbero causato eruzioni cutanee.

L’avvocato Marco Simone

Ad attestare le violenze, però, non c’è mai stata l’ombra di un referto medico. A smentire la ragazza, inoltre, ci hanno pensato sei testimoni sentiti dall’avvocato Simone durante le indagini difensive: lo zio materno, la sua compagna, due amici di famiglia, la psicologa che seguiva la minore, con difficoltà di apprendimento scolastico, e la ragazza che le faceva il doposcuola. Il quadro descritto era l’esatto opposto di quanto denunciato dalla giovane: una ragazza ribelle, bocciata a scuola per due anni, che faceva a botte con i compagni. “Dò di matto“, diceva a casa, facendo i capricci.

I testimoni hanno raccontato che la mamma e i nonni facevano di tutto per lei, prodigandosi e facendo sacrifici per accontentarla: l’accompagnavano a scuola tutti i giorni, a fare sport, organizzavano gite in montagna o al lago, mai una volta li hanno sentiti alzare la voce, neppure quando la ragazza faceva scenate o i capricci. L’assecondavano in tutto, anche quando lei aveva chiesto di essere iscritta in un collegio in un’altra regione. E a casa, nessuna sporcizia o presenza di muffe. “Tranne due piccole macchiette di pochi centimetri dietro un termosifone in una stanza peraltro inutilizzata adibita a lavanderia”, ha spiegato l’avvocato Simone, “che la ragazza aveva fotografato e ingrandito per inviarle al padre”.

Senza parlare delle contraddizioni e dei tanti non ricordo della giovane, chiamata a ripercorrere  fatti così gravi come quelli oggetto di una dettagliata denuncia. Di più: l’avvocato ha prodotto 59 foto e 18 video in cui la minore festeggia sorridente il compleanno a casa e in cui si abbraccia con la nonna, così come le videochiamate che dal collegio faceva tutte le sere alla mamma e ai nonni. “Come mai”, si è chiesto il legale nella sua arringa, “una ragazza che ha subito pestaggi e umiliazioni così pesanti chiama costantemente i suoi aguzzini?”.

Ma allora cosa ha spinto la ragazza a raccontare il falso?. Tra le ipotesi, c’è quella che la giovane, che a Cremona non è mai riuscita ad ambientarsi, si fosse inventata tutto per tornare a vivere in Calabria dal padre.

Già un anno prima ci aveva provato. In vacanza da papà, gli aveva confessato di non volere ritornare a casa da mamma e nonni perchè non poteva fare nulla, non era adeguatamente seguita, non veniva accompagnata a scuola e non le veniva data la possibilità di trascorrere del tempo con gli amici. Poi ha alzato il tiro, inventandosi le violenze.

Sara Pizzorni

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