Violentata dal patrigno a 15 anni
Per "l'orco" chiesta pena di 9 anni

Il patrigno l’avrebbe molestata e violentata più volte, e la madre, gelosa, se la sarebbe presa con lei. E poi le violenze fisiche e le minacce da parte dei componenti della famiglia: lo stesso patrigno, la madre, la zia (sorella della mamma) e il fratello. Un incubo, per una giovane, oggi 22enne, all’epoca dei fatti di soli 15 anni, che oggi ha spiegato il suo calvario nel processo contro il patrigno, 50 anni, tunisino, incensurato, operaio di professione, accusato di violenza sessuale. Per lui, il pm Federica Cerio ha chiesto una pena di nove anni.
Dopo la morte del padre della ragazza, la vedova, che con il marito aveva avuto anche un figlio maschio, si era risposata, e con il nuovo compagno, dal quale ha avuto una figlia, oggi 15enne, si è stabilita a Cremona nel 2016. Gli anni contestati vanno dall’anno successivo al 2020. Quando la ragazzina aveva cominciato a svilupparsi, il patrigno avrebbe iniziato a molestarla. Prima con palpeggiamenti nelle parti intime e poi costringendola ad avere rapporti sessuali completi. A casa, sul divano e sul letto, in auto in centro a Cremona, dove sarebbe stata anche picchiata, e al parco.

“Quando mia madre era fuori casa o quando tornava in Tunisia, lui si occupava di me e di mia sorella più piccola”, ha raccontato la ragazza. “Quando sono andata via di casa lui mi contattava, dicendomi che era innamorato di me e che non poteva lasciarmi”. L’uomo avrebbe anche abusato dei poteri connessi alla sua posizione di patrigno convivente: quando la ragazzina, che aveva chiesto ospitalità a conoscenti, aveva bisogno di soldi, lui prometteva di darglieli, in cambio di rapporti sessuali.
Tra gli episodi raccontati dalla vittima, anche quello di una violenza che sarebbe avvenuta in un parco. “Eravamo con la mia sorellina di 8 anni”, ha riferito la giovane. “Io e lui siamo andati a correre, ma poi ha iniziato a toccarmi. Mi ha abbassato i pantaloni e mi ha violentata, intimandomi di non dire nulla alla mamma“.

E invece la ragazza si era confidata con la madre, che però, gelosa del marito, non aveva creduto alle accuse mosse dalla figlia, e l’aveva cacciata di casa. “Poi sono tornata”, ha spiegato la ragazza, “ma perchè era stato lui a chiederlo alla mamma. Il mio patrigno mi trattava come fossi sua moglie. La mamma non gli dava ciò di cui aveva bisogno; in una famiglia araba non si può divorziare, e quindi lui veniva da me. Mi hanno sempre tenuta lontano da mia sorella: temo che lui possa fare la stessa cosa con lei”.
E poi le minacce da parte dell’imputato e della famiglia quando avevano saputo che la giovane, nel dicembre del 2020, aveva denunciato il patrigno. “Mi hanno detto di dire che non è successo nulla, mia madre mi ha anche picchiato. Mi hanno legata e chiusa in camera, bruciata con una forchetta scaldata sul fuoco, e mio fratello, arrivato in Italia da clandestino, mi ha detto: “Se ti becco, ti ammazzo”.
L’imputato è assistito dall’avvocato Massimo Tabaglio. La difesa prenderà la parola il prossimo 24 giugno.
Sara Pizzorni