Cronaca

Immagini pedopornografiche sul
tablet: insospettabile condannato

Alla sua utenza telefonica, gli inquirenti erano risaliti nel corso di un’indagine a livello nazionale contro la pedopornografia. Il suo nominativo, insieme a quello di tanti altri, era stato inviato da Roma al Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Milano che aveva messo in campo le polizie postali locali di riferimento.

Il 31 agosto del 2023, nella casa di Cremona di un insospettabile, finito a processo per detenzione di materiale pedopornografico, si erano presentati i poliziotti della postale, a cui l’imputato, incensurato, aveva consegnato spontaneamente due smartphone e un tablet. Sul tablet e su uno degli smartphone erano spuntate 60 fotografie e 59 video di bambini e bambine “di natura esplicitamente pedopornografica”. Materiale shock.

Oggi il giudice ha condannato l’imputato a quattro mesi e 1.200 euro di multa, pena sospesa e non menzione, con l’interdizione per un anno da ogni incarico nelle scuole di ogni ordine e grado. Per l’uomo, sposato e con un figlio disabile, il pm aveva chiesto una pena di un anno.

“Tutte le immagini”, come aveva riferito in aula il sovrintendente della polizia postale che si era occupato del caso, “derivavano dalla piattaforma di messaggistica Telegram“. Secondo l’accusa, non si era trattato di un semplice passaggio di quelle immagini o di una visione superficiale delle stesse, ma di una “volontà di prendere visione del contenuto“.

I video erano stati tutti scaricati, mentre delle 60 fotografie, 42 erano immagini visionate, ma non scaricate, e le altre salvate. Non c’era, invece, traccia di diffusione”. Su Telegram, come era stato illustrato in udienza, esistono dei gruppi di interesse a tema, la cui adesione avviene o per passaparola o per una risposta ad un invito.

“Si possono ricevere messaggi da una persona che si conosce, oppure no. Si clicca, e automaticamente si aderisce al gruppo”. “Quando però”, aveva spiegato il sovrintendente, “ci si accorge dei contenuti, si suppone che una persona esca. In questo caso, invece, i video erano stati caricati e le immagini salvate”. La app di Telegram era stata cancellata, ma le tracce sono rimaste. “La capacità di eliminarle”, aveva sottolineato l’inquirente, “non è sicuramente alla portata di un utente medio”.

Durante la scorsa udienza, l’imputato si era difeso, definendo quelle immagini “schifezze”. Quando le ho viste le ho cancellate, ma sono rimaste nel cestino. Non so come mai mi sono capitate davanti. A me piacciono le donne adulte, non farei mai una cosa simile“.

Il tablet era in bella vista sul comò“, aveva spiegato l’imputato, “e anche i telefoni e il computer erano accessibili“. All’uomo era stato chiesto chi altro avesse potuto far uso dei dispositivi. “Mio figlio sa usarli, anche se alla sua maniera. Io di solito glieli tolgo perchè succede sempre qualche pasticcio, ma non posso controllarlo tutto il giorno”.

“La condotta del mio cliente”, ha detto il legale della difesa nell’arringa, “è sempre stata collaborativa e lineare. Ha dato tutte le informazioni necessarie agli inquirenti, ha fornito il computer e la password. E’ vero,  si è imbattuto in un link o in un invito, e quelle immagini le ha viste, ma le ha subito cancellate“. “L’intervento di cancellazione”, ha sottolineato l’avvocato, che comunque non ha escluso che possa essere stato il figlio dell’imputato a “giocare con il computer”, “è stato quasi immediato, ed è un indice del fatto che si era trovato accidentalmente a visionare quelle immagini. In più è sposato con una donna più giovane e il suo interesse è esclusivamente nei confronti delle donne.

Spesso ci si imbatte in immagini erotiche estreme, ma non vuol dire che ci sia stata la volontà di cercarle. Quello del mio assistito è stato un comportamento maldestro, ma non è indice di una volontà criminale“. “Anche il sovrintendente che aveva testimoniato”, ha concluso il legale, “aveva confermato che è possibile caderci accidentalmente“. Ma il giudice non è stato dello stesso avviso.

Sara Pizzorni

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