Cronaca

Malati e detenuti uniti nel dolore:
nasce “Parole in mostra”

Alcune opere del percorso "Parole in Mostra"

Un percorso artistico, che vuole tracciare un invisibile filo rosso tra i malati oncologici e i carcerati, uniti dalla forza nel dolore e forse anche da una possibile rinascita.
È stato inaugurato nel pomeriggio di martedì nel teatro della Casa Circondariale di Cremona “Parole in Mostra”, progetto che ha visto la luce grazie alla collaborazione tra diversi enti e istituzioni come il Centro Dipendenze, Asst Cremona e l’Associazione Medea.

Protagonisti, quadri e piccole e grandi opere d’arte, disegni e scritte realizzati da un gruppo di una ventina di detenuti del carcere cittadino di Via Ca’ del Ferro, partendo da parole e pensieri proposti dai malati e dai loro familiari.

Perché in fondo il dolore ha radici profonde, e in un modo o nell’altro riesce a mettere tutti a nudo.

“La bellezza di quest’attività – ha commentato il Direttore reggente della Casa Circondariale di Cremona, Giulia Antonicelli – e di questo gruppo è stato il riuscire a far conciliare e parlare tra loro due mondi apparentemente completamente diversi, ma che in realtà si sono ritrovati in questo punto di comunanza che è quello della sofferenza che, sebbene diversa, di fatto li accomuna”.

“È scattata come una scintilla – afferma invece Maurizio Lanfranchi, presidente dell’associazione Medea – abbiamo potuto constatare veramente che il nostro male, il nostro male dei nostri pazienti oncologici, ha qualcosa in comune con i carcerati. Questo è stato il punto di partenza, per poter iniziare un percorso durato diverso tempo, nel quale i detenuti ci hanno accolto veramente come fossimo una famiglia”.

Presente all’inaugurazione anche il comandante provinciale dei Carabinieri Paolo Sambataro e il suo omologo della Guardia di Finanza Massimo Dell’Anna.
Parte integrante del progetto anche alcune panchine e oggetti in legno, realizzati dal laboratorio di falegnameria con il supporto (tra gli altri) anche di Enerina Kaculi e dell’impresa sociale Energheia.

Un modo per rendere vero e concreto ciò che la Costituzione italiana chiede esplicitamente: che il carcere abbia, cioè, una funzione a tutti gli effetti rieducativa.

“L’obiettivo che perseguiamo – afferma in merito il Direttore reggente Antonicelli – è quello di dare nuovi strumenti ai detenuti attraverso il lavoro, la scuola, la formazione, ma anche attraverso tutte queste attività che coinvolgono attori esterni. Momenti che sono effettivamente degli spunti di riflessione importanti per loro”.

“Vi dirò sinceramente che abbiamo imparato molto – aggiunge Lanfranchi – perché dentro al carcere ci sono persone, persone fragili che hanno bisogno di essere aiutate e hanno bisogno di riuscire a cancellare quei pregiudizi che hanno gli altri verso di loro”.

“C’è qualcuno che ha sbagliato in modo grave, qualcuno che ha sbagliato in modo più leggero – prosegue il presidente di Medea – però se sono qui stanno espiando la loro pena, riescono a comportarsi bene imparando diverse cose. Sono persone come noi, quindi dovrebbero essere aiutate anche dagli altri, veramente”.
Andrea Colla

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