Bimbe abusate, genitori condannati:
12 anni al padre, 7 alla madre
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Per il pm, le vittime, due bambine abusate dal loro papà, non erano credibili. E ai giudici aveva chiesto di assolvere sia l’imputato che la madre delle piccole, che sarebbe stata a conoscenza degli abusi, ma che non sarebbe mai intervenuta in difesa delle figlie. Il collegio dei magistrati ha invece creduto al racconto delle bimbe, ed ha condannato il padre a 12 anni di reclusione, e la madre a 7. Entrambi sono stati condannati ad un risarcimento in solido di 20.000 per entrambe le figlie, e a fine pena, se confermata, avranno il divieto per due anni di avvicinarsi a luoghi frequentati da minori. Non solo: i magistrati hanno trasmesso gli atti al pm affinchè valuti la posizione dei genitori nei confronti della loro terza figlia, per appurare se anche lei sia stata vittima di reati sessuali.
Mamma e papà erano accusati di violenza sessuale aggravata e corruzione di minori. Vittime, due delle loro tre figlie piccole, tolte ai genitori e ospitate in una comunità. Tra il 2016 e il 2017 una delle bimbe, di nove anni, era stata colpita dal padre, spesso ubriaco, con schiaffi e con cinghiate sulle parti intime, mentre l’altra, di nemmeno 14 anni, era stata toccata in plurime occasioni. Ad entrambe, l’uomo aveva anche mostrato foto e video dal contenuto pornografico. Dal canto suo la mamma, indifferente a ciò che accadeva, aveva omesso qualsiasi forma di intervento tempestivo per impedire le violenze.

Secondo il pm, il capo di imputazione era “troppo generico”, così come i racconti delle vittime. In un’occasione, una delle bambine avrebbe detto che sua sorella si inventava le cose. La vicenda è arrivata a processo dopo ben due richieste di archiviazione.
Per le parti civili, rappresentate dagli avvocati Maria Laura Quaini e Fabio Galli, la prova delle violenze invece c’è: “la conferma arriva dalle dichiarazioni delle stesse vittime, da quelle delle operatrici della comunità e dallo stesso tribunale per i minorenni che nel 2018 aveva disposto l’allontanamento dalla casa familiare. “E’ proprio nella comunità, in un ambiente tranquillo”, hanno sostenuto i due legali, che le bambine, con grosse difficoltà di relazione, hanno vinto la vergogna e hanno raccontato cosa stava succedendo”.
Da quanto raccontato da una delle piccole, nell’ottobre del 2018, durante una gita sul fiume, dopo aver bevuto alcolici e fumato, il padre, insieme ad alcuni amici, le aveva fatto “cose brutte”. Un’espressione, questa, come spiegato in aula dai testimoni, una quindicina tra assistenti sociali, psicologi ed educatori, che ricorreva spesso nelle parole delle bambine.

“Cose brutte”, sempre il padre, insieme ad un amico, le aveva fatte anche nella casa di famiglia nel dicembre del 2018, quando l’imputato aveva portato una delle figlie in camera da letto per sottoporla ad abusi sessuali. Durante un Capodanno, invece, nel corso di una festa nell’abitazione degli imputati, con gli invitati intenti ad assumere bevande alcoliche, una delle minori, che quella sera aveva la febbre ed era sdraiata sul divano, aveva subito nuovi abusi.
Una delle ragazzine aveva anche scritto un diario in cui aveva raccontato ciò che accadeva in famiglia. Sosteneva di essere molto arrabbiata con i suoi genitori, soprattutto con il padre, che le faceva “cose brutte”.

I due imputati erano assistiti dagli avvocati Massimo Tabaglio e Federico Sartori, che hanno puntato sulla mancanza di elementi di prova. “Solo supposizioni infondate ed inesistenti“.
Nel frattempo le due ragazzine sono diventate entrambe maggiorenni. Una è andata a vivere con un’amica e lavora, mentre l’altra vive ancora in comunità. La terza sorella non avrebbe subito violenze, ma i giudici vogliono accertarlo. Per questo motivo hanno trasmesso gli atti al pm, che dovrà indagare per stabilirlo con certezza.
Sara Pizzorni