Cronaca

L'odissea di una 50enne monorene
Asst: condanna e maxi risarcimento

Condannato sia in primo grado che in Appello, l’ospedale di Cremona dovrà risarcire con una somma di 290.879 euro una paziente di 50 anni, protagonista, suo malgrado, di una vera e propria odissea durata sei anni a causa di cure sbagliate in seguito ad un’insufficienza renale: nel 2012, alla donna, monorene dal 2008, era stato applicato uno stent nell’uretere, che tra gennaio del 2013 e il gennaio del 2015 era stato sostituito otto volte 

Il suo prolungato posizionamento ha peggiorato la situazione clinica della paziente, ricoverata più volte (complessivamente 15 ricoveri e 8 interventi) fino al ricovero all’ospedale universitario di Padova dove era stata prospettata come soluzione definitiva il trapianto di rene. A rendersi disponibile era stato il marito della 50enne. La donna si è preparata al trapianto facendo alcuni mesi di dialisi per poi ricevere l’organo dal marito nel 2016. Si è salvata, ma è limitata nella gestione della vita quotidiana e delle esigenze familiari, così come nella pratica sportiva, nell’utilizzo prolungato dell’auto, nelle attività all’aria aperta e anche fare il bagno, in mare o in piscina, per il rischio di contrarre infezioni alle vie urinarie.

Nella causa civile contro l’ospedale, la parte civile, rappresentata dall’avvocato Riccardo Bosio, si è avvalsa dell’accertamento tecnico preventivo dei due periti incaricati dal giudice  del tribunale di Cremona che hanno concluso per una responsabilità “inequivocabile” dell’ospedale di Cremona, con “nesso causale diretto” e quantificando la liquidazione del danno. L’ospedale non ha risarcito e a quel punto la parte civile ha fatto ricorso.

L’avvocato Bosio

La sentenza ha stabilito che l’ospedale doveva pagare, ma l’Asst ha appellato la sentenza, chiedendo la sospensiva, che non è stata concessa, obbligando l’ospedale a pagare. Il giudizio di appello si è concluso con una sentenza di conferma della sentenza di primo grado. Oltre ai danni, l’ospedale è stato condannato a un rimborso spese di consulenze di  7.380 euro e a rifondere le spese di lite che il giudice ha liquidato in 634 euro per anticipazioni e in 22.400 euro per compenso professionale, oltre a spese generali e oneri di legge.

I periti nominati dal giudice Giulio Garzon e Andrea Fandella hanno ritenuto la condotta dei medici “censurabile”, sia in relazione alla tecnica chirurgica adottata, sia in relazione ad una complicanza sorta durante l’intervento. “Una condotta clinica corretta”, al contrario, “avrebbe evitato l’insorgenza dell’insufficienza renale irreversibile”. Alle operazioni peritali, iniziate il 7 marzo del 2022, hanno partecipato i consulenti di parte Franco Gianzini e Agostino Meneghini messi in campo dall’avvocato Bosio, mentre Umberto Genovese e Aldo Franzini sono stati nominati dall’avvocato di Asst, Paolo Villa.

Il 3 febbraio del 2012 la paziente era stata ricoverata per una calcolosi al rene sinistro. Per i medici c’erano due soluzioni: il trattamento Eswl, e cioè la frantumazione del calcolo con le onde d’urto, un intervento mini invasivo, oppure l’ureteroscopia. Era stato scelto quest’ultimo trattamento, ma durante l’operazione, nell’estrazione dell’uretroscopio si era verificata la perforazione dell’uretere. Un evento che secondo i periti sarebbe stato “evitabile con l’adozione di una corretta tecnica chirurgica”.

Ai medici è stata attribuita un’ulteriore condotta colposa, e cioè quella di aver omesso di effettuare l’esame istologico “che avrebbe consentito di conoscere esattamente lo spessore e la lunghezza della porzione di uretere danneggiato”, e poter quindi decidere la migliore scelta terapeutica da adottare, “come ad esempio una chirurgia riparativa nell’immediato senza aspettare l’evoluzione della lesione”.

“E’ stata una vicenda oltremodo lunga, visto il comportamento tenuto dall’ospedale di fronte all’evidenza”, ha commentato l’avvocato Bosio, che si è detto “molto soddisfatto dell’ottimo risultato ottenuto, conseguito grazie alle competenze in materia di responsabilità medica mie e del mio gruppo di lavoro, costituito da legali e medici”.

Sara Pizzorni

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