Cronaca

Abusata e sequestrata per 11 ore:
Difesa: "La credevamo una escort"

Due romeni e un italiano sono a processo per sequestro di persona, violenza sessuale e tentata violenza sessuale. La presunta vittima, una donna di 44 anni, la sera del 15 luglio del 2023 sarebbe stata sequestrata per undici ore e avrebbe subito abusi sessuali e un tentativo di violenza sessuale.

“Era da tempo che non uscivo”, aveva raccontato Marta (nome di fantasia) ai giudici lo scorso aprile. “Quella sera invece ho accettato l’invito ad uscire di una mia amica. Insieme siamo andate ad una sagra di paese e poi in un locale di karaoke. Tutta sera ho bevuto molto“. A partecipare alla serata si era unito anche un conoscente di Marta, che arrivava dalla Svizzera. “Io e mio marito l’abbiamo conosciuto in vacanza. Lui faceva l’animatore e siamo rimasti in contatto”.

Durante la serata l’amica di Marta si era allontanata dal locale per incontrarsi con l’uomo con cui aveva una relazione, mentre la 44enne e l’amico residente in Svizzera avevano raggiunto una discoteca. “Lì ho bevuto ancora”, aveva raccontato la donna. “Mi è stata offerta una bevanda fortissima, penso fosse whisky, e da quel momento ho avuto il vuoto“.

Alle 6 del mattino Marta si era ritrovata su un’auto con tre uomini sconosciuti. Il suo amico dalla Svizzera si era volatilizzato. “Mi hanno offerto della cocaina, e poi mi sono ritrovata in un appartamento“. In casa, i tre avevano messo della musica e ad un certo punto sono rimasti a torso nudo. “Uno era palestrato“, aveva ricordato la donna, “un altro aveva la pancia e il terzo era magrolino. ‘Dai che ci divertiamo, sciogliti, quanto vuoi?’, le avevano chiesto. “Mi avevano preso per una escort“, aveva spiegato la 44enne. “Ma io ho detto che non lo ero assolutamente e che volevo andarmene. Sono stata assalita da attacchi di panico e non capivo più nulla. Stavo male”.

Oggi l’imputato italiano (gli altri sono in carcere) ha raccontato la sua versione dei fatti. L’uomo ha detto di essersi trovato con gli altri amici nel locale e di essere stati raggiunti al tavolo da “una ragazza sexy”. “Pensavamo lavorasse lì“, ha spiegato l’uomo, “tanto che poi è andata sul palco a ballare. Durante l’esibizione si è tolta i vestiti. Con lei sono andato nel privé per stare più in intimità. Poi è tornata da noi al tavolo e ci ha chiesto cosa avremmo fatto dopo la chiusura. Le abbiamo detto che saremmo andati a casa di un amico e lei ha voluto venire con noi“.

In aula ha testimoniato anche un amico dei tre imputati che la mattina dopo, alle 9, li aveva raggiunti. “Sono un camionista, avevo finito  il mio lavoro e mi hanno chiamato chiedendomi se potevo passare da loro per portare da bere e le sigarette, e sono andato”. Una volta nell’abitazione, l’uomo ha detto di aver trovato i tre amici e una donna. “Scherzavano, parlavano“, ha ricordato. “Le hanno detto che poteva andare via quando voleva, ma lei ha voluto restare ancora. La porta era aperta, la donna mi è sembrata strana, credo avesse bevuto molto“. Rispondendo ad una domanda dell’avvocato della difesa Michele Tolomini, il testimone ha sostenuto di non aver visto cocaina in casa e di non aver visto nessuno che la consumava.

Tutt’altra la versione della presunta vittima, che a processo è parte civile attraverso l’avvocato Antonella Viola.

In aula la donna aveva riferito che l’uomo più magro aveva iniziato a baciarla sul collo e sulle spalle, mentre l’altro, quello palestrato, la toccava dappertutto. “Ero paralizzata sul divano e la porta era chiusa a chiave. ‘Tanto non ti portiamo a casa fino a domani’, mi hanno detto. E lì ho pensato al peggio, che mi avrebbero ammazzata. Ero disperata, ho anche pensato di buttarmi dalla finestra. Il mio telefono era scarico e lo avevano preso loro”.

Secondo il racconto della vittima, ad un certo punto l’uomo “palestrato” l’aveva presa con la forza e sbattuta sul letto. “Con una mano mi ha tappato la bocca e ha cercato di violentarmi, ma non ci è riuscito perchè sono stata male”. Alla fine l’uomo più magro aveva convinto i complici ad aprire la portaAlle 17 la donna era fuggita, ma era stata seguita da uno degli imputati.

Nel cercare di uscire si era ritrovata prima in un sottoscala, e poi con un cancello chiuso davanti a sé. Quando finalmente aveva trovato la via d’uscita, era riuscita a chiedere aiuto ad una famiglia che stava entrando in un palazzo vicino. L’uomo che la seguiva se n’era andato.

“All’inizio non volevo denunciare perchè ero terrorizzata“, aveva ricordato Marta, che poi aveva chiesto aiuto ad un centro antiviolenza.

La sentenza per i tre imputati, riconosciuti dalla donna dopo le indagini dei carabinieri, sarà pronunciata il prossimo 21 aprile.

Sara Pizzorni

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