Cronaca

'Questa amministrazione non ha mai voluto ascoltare le imprese'

«Il fallimento delle politiche di rigenerazione urbana è così evidente da non poter più essere nascosto». Inizia così l’intervento di Vittorio Principe, presidente Confcommercio dopo la notizia degli ultimi clamorosi abbandoni  di attività commerciali in centro storico.

«Basta guardare al “bollettino di guerra” delle chiusure degli ultimi giorni con le insegne rimosse da Grom e Chip House (oltre al cambio di gestione, a pochi mesi dalla apertura, del Re delle due Sicilie). E mentre si fanno sempre più insistenti le voci sul trasferimento al CremonaPo di un altro importante attrattore del settore abbigliamento, arriva la conferma da parte dell’Amministrazione (con toni ovviamente e inutilmente trionfalistici) della apertura della Conad a poche centinaia di metri da piazza Duomo.

Il sindaco e la sua giunta dovrebbero prendere atto che,  in un centro sempre più povero di negozi, ma anche di attività legate ai servizi, non resistono neppure i franchising, gli stessi che hanno successo nella maggior parte delle città simili alla nostra: è un indicatore chiaro e inappellabile che i problemi di Cremona sono strutturali. Non basta l’atteggiamento di qualche membro di Giunta che vorrebbe scaricare le responsabilità esclusivamente sui commercianti, arrivando persino ad insegnare loro come gestire una impresa. Questa amministrazione non ha mai voluto ascoltare le imprese  se non in campagna elettorale quando occorreva recuperare voti e consenso. Siamo certi che se si fosse prestata attenzione alle richieste delle Associazioni e delle aziende (oggi come in passato) la situazione del centro storico non sarebbe così grave. Invece agli Amministratori manca ogni consapevolezza del problema, troppo convinti delle loro scelte. Una convinzione che non viene smossa neanche dall’evidenza dei fatti. Non basta aprire nuovi alberghi per dare prova del successo del turismo, perchè quegli alberghi bisogna riempirli, possibilmente tutto l’anno.  E non serve a nessuno infilare nuovi supermercati nei contenitori dismessi, perché questo non significa certo la prosperità del commercio, anzi ne amplifica e ne nasconde le difficoltà. Così Cremona rinuncia alla propria identità, abdica ad essere luogo di incontro, di relazioni, di cultura.

Un centro non attrattivo significa una comunità più fragile. Non si valorizza il tessuto urbano con nuovi poli di media distribuzione. Perché l’idea che si debba tutelare solo chi lavora nelle grandi aziende a scapito di decine di piccole è ormai desueta anche nei Paesi più retrogradi. Si deve invece credere nella rete di piccole realtà virtuose, nella formazione, nell’università. Si deve puntare su una città turistica dove anche i negozi, a partire da quelli storici, concorrono a definire una realtà bella e accogliente. Occorre un cambiamento di rotta, un segno di discontinuità importante. Cremona non può attendere oltre. Anche perché in attesa di una pianificazione partecipata siamo stati assediati da medie e gradi distribuzioni (e altre sono pronte a partire). Siamo ormai oltre la metà di un mandato amministrativo carico di promesse rimaste tali e imprigionato in una visione dell’economia e dello sviluppo di un territorio del tutto miope, superata e ormai, dati alla mano, disastrosa. La politica ha il compito di prendere atto di come cambia la società, di offrirle diritti, di darle regole che si traducano in maggiori possibilità per tutti (anche per le piccole imprese). Invece si vuole piegare la realtà alla propria ideologia. Senza avere neppure una idea chiara, condivisa ed efficace.  Dimenticando che siamo in una situazione in cui ci sarebbe bisogno di visioni ampie, capacità di ascolto e umiltà di riconoscere gli errori».

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