Chiusura Dordoni, Galimberti: 'Ora si aprirà una riflessione sull'utilizzo dello spazio'
“Ora si aprirà una riflessione sull’utilizzo dello spazio, che è pubblico e come tale dovrà essere ripensato”: questo il commento del sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, all’indomani dell’annuncio con cui gli esponenti del Centro sociale Dordoni hanno reso nota la chiusura dello stesso. La fine di una storia durata 26 anni, quella del collettivo, che da sempre ha occupato lo stabile al civico 7 di via Mantova. Una storia fatta di momenti alterni: se in passato, ai tempi del leader storico, Mario Bini, il centro era un punto di riferimento per molti giovani, ma anche per molte battaglie politiche, alla sua scomparsa, nel 2014, i suoi successori avevano preso in mano la situazione e avevano voluto rafforzare la battaglia antifascista, con numerose manifestazioni, volantinaggi e dibattiti, soprattutto a fronte dell’apertura, un anno prima, della sede di Casa Pound in via Geromini.
Fu probabilmente quello il punto di rottura del centro sociale con la città, che fece precipitare la situazione. Da li presero il via una serie di manifestazioni e di scontri tra le due fazioni, quella degli antagonisti e quella del gruppo politico, che sfociarono in quel terribile 25 gennaio 2015, quando circa 2000 manifestanti sfilarono per le vie della città, mettendola a ferro e fuoco, in uno scenario di guerriglia urbana che ancora Cremona non ha dimenticato, epilogo di un periodo caratterizzato da violenza e scontri.
Negli ultimi anni l’attività del centro sociale si era molto ridimensionata: continuavano gli eventi, le lotte, e le manifestazioni, ma in maniera più sobria e composta. Intanto nel mondo politico imperversavano gli attacchi e le polemiche, che dopo quel 25 gennaio divennero più duri che mai: le richieste al sindaco di chiudere il centro sociale, i dubbi, l’incapacità di trovare una soluzione definitiva al problema, a tutti i livelli. Ma ci hanno pensato loro stessi, ora, con dignità, a liberare il campo, ad alzare bandiera bianca, con un lungo messaggio su Facebook ai propri sostenitori, in cui i coordinatori dello spazio sociale hanno spiegato le motivazioni della propria scelta.
Ora, dunque, quello di via Mantova non resta che uno spazio vuoto. Un luogo in cui più nessuno suonerà concerti, o si radunerà per feste improvvisate. La speranza, come sottolineato dai partiti di centrodestra, che hanno commentato la chiusura, è che ora venga riqualificato e restituito alla città.
Laura Bosio