Cronaca

Omicidio della piccola Gloria
Il 21 febbraio si va in Cassazione

Si discuterà il prossimo 21 febbraio l’ultimo grado di giudizio nei confronti di Kouao Jacob Danho, il 39enne ivoriano condannato all’ergastolo sia in primo che in secondo grado per aver ucciso la figlia Gloria, di soli due anni. Sia i giudici di Cremona che i magistrati dell’Appello avevano escluso l’aggravante della premeditazione.

Gloria

“Audrey, vivi senza di noi…”, la frase contenuta nel manoscritto trovato in casa dell’imputato “non può, di per sè, essere indice di premeditazione”, secondo i giudici, che hanno ritenuto non adeguatamente provato “che tale lettera sia stata scritta in un tempo apprezzabilmente antecedente l’attuazione dell’ignobile gesto criminoso, sì da rimandare ad un previo e programmato concepimento ideativo del delitto. La lettera vale a confessare l’omicidio e ne spiega i motivi, ma non attesta di per sè la premeditazione del gesto, circostanza che rimane da provare oltre ogni ragionevole dubbio”.

Per la parte civile, rappresentata dall’avvocato Elena Pisati per Audrey Isabelle, la mamma di Gloria ed ex compagna di Danho, era stato disposto un risarcimento danni di 100mila euro come provvisionale.

L’omicidio si era consumato il 22 giugno del 2019 nell’appartamento di via Massarotti dove l’ivoriano, operaio alla Magic Pack di Gadesco, si era trasferito dal primo giugno del 2019, mentre l’ex compagna e la figlia erano ospiti di una casa protetta. Nella sua casa, Danho aveva accoltellato la figlia due volte, una al fegato e una ai polmoni. La piccola, come rivelato dai risultati dell’autopsia, si sarebbe potuta salvare se suo padre avesse chiamato subito i soccorsi. Il 39enne aveva confessato il delitto tempo dopo i fatti, mentre in un primo tempo aveva puntato il dito contro un fantomatico rapinatore.

“Il figlicidio”, aveva detto il procuratore generale Marco Martani, “è stato attuato come forma di vendetta, una vendetta estrema”. La compagna del 39enne lo aveva lasciato e con la bimba si era trasferita nella casa famiglia di via Bonomelli. Il fatto che lui avesse percosso la ex compagna provocandole la lesione di un timpano, il fatto che fosse possessivo e che le avesse taciuto di avere un’altra famiglia in Africa, avevano convinto la donna a dire basta. “E lui”, aveva aggiunto il procuratore generale, “ha ucciso la loro bambina con assenza di scrupoli morali e con un fondo di malvagità fuori dal comune”.

Era “lucido”, Danho, che aveva tirato in ballo il fatto di essere rimasto vittima di un maleficio da parte della compagna e della madre, con cui non aveva buoni rapporti.  Per la difesa, la magia come prova di un vizio parziale di mente. Per l’accusa, un particolare che non ha nulla a che fare con l’omicidio.

Sara Pizzorni

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