Cronaca

Melega, uno stipendio "da favola"
"Ma chiudeva contratti milionari"

Alla società Consulting srl, Marco Melega era stato assunto nel maggio del 2014. Stipendio: 14.000 euro lordi mensili. Due anni dopo c’era stato un aumento esponenziale con un compenso di 57.000 euro lordi mensili.

Secondo la guardia di finanza, la Consulting e le altre società riconducibili allo stesso Melega erano “cartiere”, società fantasma con sedi fittizie e con dipendenti inesistenti. Oggi, nella 14esima udienza del processo contro l’imprenditore cremonese, accusato di associazione a delinquere finalizzata alle truffe online, frode fiscale, riciclaggio e bancarotta fraudolenta, i difensori Ilenia Peotta e Luca Angeleri, attraverso i loro testimoni, hanno provato a smontare l’impianto accusatorio della procura e della finanza.

I difensori Peotta e Angeleri

“La Consulting aveva la sua sede a Bussolengo, in provincia di Verona, e aveva i suoi uffici. Altro che società fantasma. C’era pure l’addetto stampa”. “I nostri testimoni”, ha spiegato la difesa, “sono tutti clienti o fornitori di Consulting, società che, come altre, era operativa in barter, cioè il pagamento di servizi pubblicitari con cambio merce. Merce che non era assolutamente scaduta, ma che era di valore, e che veniva fornita come pagamento”. “Il meccanismo del barter”, hanno precisato i legali, “è una cosa normale nel campo dell’imprenditoria. Non è affatto qualcosa di losco, come qualcuno pensa. Tutto è fatturato, tutto è regolare”. Di questa forma di baratto, o meglio del circuito BexB, la moneta complementare, ne aveva parlato in un’intervista su “Economy” lo stesso Melega il 13 luglio del 2019, tre giorni prima di essere arrestato.

Della BexB, il commercialista bresciano Ferdinando Magnino, chiamato oggi a testimoniare, era socio fondatore. Di Melega ha parlato come di una persona “affidabile e preparata, un imprenditore che investiva in società. Quando abbiamo saputo che era stato arrestato siamo caduti dalle nuvole, perchè per noi era una persona seria”. Alla BexB, l’imprenditore cremonese era entrato come socio di riferimento al 49% “perchè aveva una mole di clienti”, hanno ricordato gli avvocati Peotta e Luca Angeleri. “Ecco perchè non c’è da stupirsi del fatto che avesse una busta paga da 50.000 euro al mese. Era Melega a chiudere contratti per 10 milioni all’anno con clienti importanti come la concessionaria Mocauto o con Portobello SpA, azienda italiana leader nel media bartering. Con clienti così, da 12-13 milioni all’anno di pubblicità, quelle sono le provvigioni sotto forma di stipendio”.

“Noi non abbiamo mai detto che la Consulting non facesse capo a Melega”, hanno spiegato i legali fuori udienza. “Figurava come dipendente. Melega non compare mai in quasi nessuna società, il rappresentante è un altro, ma chi guadagna è l’operativo”. Alla Consulting, l’imprenditore aveva uno stipendio da dirigente, ma per sua scelta si era fatto assumere come ‘quadro’. Dal 2013 al 2018, la srl era cliente dello studio avviato a Busto Arsizio da Sonia Assunta Garbo, consulente del lavoro che preparava le buste paga. “A livello di tassazione”, ha spiegato oggi in udienza, “fiscalmente non cambia nulla tra quadro e dirigente. La Consulting non aveva alcun dirigente, ma una serie di dipendenti come Osvaldo Placidi, un altro quadro”.

Nel processo, c’è poi la parte riguardante le truffe online, il cui ammontare è stato quantificato in 600.000 euro dal 2014 a 2018. Per l’accusa, l’imputato, avvalendosi di diversi prestanome e delle società “cartiere”, avrebbe messo in piedi un meccanismo finalizzato a riciclare a proprio vantaggio il denaro illecitamente accumulato attraverso le truffe online. Le fasi prevedevano la costituzione di società intestate a prestanomi, pubblicizzate su emittenti televisive e radiofoniche di rilievo nazionale e che vendevano a prezzi concorrenziali, attraverso siti di e-commerce, prodotti di vario genere, come vini pregiati, buoni carburante, prodotti elettronici. Merce mai recapitata.

Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza nell’operazione “Doppio Click”, le somme di denaro ricevute sui conti correnti delle società utilizzate per le truffe erano trasferite ad altre società, simulando il pagamento di operazioni in realtà mai effettuate e quindi successivamente monetizzate attraverso altri trasferimenti, oppure sotto forma di stipendi, pagamenti di consulenze, anticipazioni di utili.

A capo di alcune delle società c’erano “teste di legno“, persone che nulla avevano a che fare con il mondo manageriale. Tutti “piazzati” per amministrare le società che dopo aver guadagnato denaro, sparivano.

Per gli inquirenti, Melega era il “dominus” e l’effettivo beneficiario di gran parte dei proventi di denaro ottenuti attraverso le truffe e le frodi fiscali.

L’imputato era finito nei guai insieme ad altre 14 persone, la maggior parte delle quali ha già patteggiato in sede di udienza preliminare. Tra queste, Cristiano Visigalli, arrestato insieme a Melega il 16 luglio del 2019. Era lui a realizzare materialmente tutte le operazioni finalizzate alla truffa, come ad esempio la sottoscrizione di contratti fasulli del ramo di azienda pubblicitario, colui che identificava e reclutava i diversi prestanome, che operava sui conti correnti delle società destinatarie del denaro ottenuto tramite i raggiri e che poi girocontava in favore di altre imprese, come la Domac e la Consulting, affinchè venissero ‘ripuliti’ prima che gli stessi fuoriuscissero in favore degli effettivi beneficiari.

Sara Pizzorni

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